Espandi menu
cerca
Lo chiamavano Jeeg Robot

Regia di Gabriele Mainetti vedi scheda film

Recensioni

L'autore

viacristallini99

viacristallini99

Iscritto dal 6 giugno 2014 Vai al suo profilo
  • Seguaci 3
  • Post 1
  • Recensioni 17
  • Playlist -
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi
Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Lo chiamavano Jeeg Robot

di viacristallini99
8 stelle

E’ un film condotto alla luce di una massima coerenza e gradualità. E’ vivace e lineare; genuino ed innovativo. E’ una fiaba ambientata nella realtà. Non vuole insegnare ma far sognare.

Largo ai giovani!  Non è una frase fatta ma è quello che viene subito in mente nel vederli insieme nella realizzazione di questo film.  Tutti giovani, bravi e premiati con il “David di Donatello 2016”. Ed il loro curriculum non è da esordienti.   Hanno tutti esperienza acquisita in anni di duro lavoro.

E’ un film che solo un italiano poteva realizzare, perché dietro la favola c’è un mondo reale e brutale, cancro della nostra società,  dal quale ci si può allontanare, salvare, solo ricorrendo alla fantasia.  La suburra romana, così ben descritta nell’omonimo film di Stefano Sollima,  prende, così, una via irreale per esprimere l’alto concetto del trionfo del bene sul male.  Stanchi della solita immagine di una società malata senza via di uscita,  i giovani registi hanno voglia di riscattarsi dal pessimismo e sognano una via di uscita dalla rassegnazione.   L’importante è che il male venga annientato.  Con una carneficina tra bande, come nel già citato “Suburra” oppure, perché no, mettendo la giustizia nelle mani di un super eroe.  Dov’è che avviene tutto questo.  Non certo nella moderna e borghese New York o nella tecnologica Shangai, regno incontrastato di tutti i super eroi, ma nella reale, bestiale, violentissima suburra nostrana.  E’ tra questi personaggi che avviene il miracolo.  Non tanto quello di una forza misteriosa capace di vincere ogni limite del corpo umano;  il miracolo o, se si vuole, lo stupore,  è che ciò avvenga tra quella gente.   Il protagonista super eroe sente addosso questo potere acquisito per una via misteriosa, ma sembra non sbalordirsene più di tanto.  Tutto gli scivola addosso perché niente di quello che fa ha un senso voluto.  Uccidere per sopravvivere o perché fa parte del proprio ruolo è indifferente.  La violenza è la sua condizione naturale di vita, mentre la dolcezza, l’amore, il sesso, gli sono sconosciuti.  Ne consegue che anche l’acquisizione di poteri soprannaturali viene vista in funzione di quel ruolo: un mezzo in più per rapinare e uccidere, senza alcuna voglia, però, di cambiare.  In fondo, che scopo ha di cambiar vita?  Cosa guadagna o perde?  Senza affetti, né legami; senza ambizioni, senza modelli diversi di vita a cui aspirare, il neo eroe se ne va portando con disinvoltura o quasi indifferenza il peso di quel potere.  Ma come in tutte le favole, la contrapposizione del bene al male ha bisogno di personaggi che identificano queste forze.   Occorre un altro super eroe ed ingaggiare la battaglia fra i due.  Chi sarà il bene e chi il male?  Il bene ha bisogno, per essere concepito, di amore.  L’amore della giovane e svampita figlia di un malvivente ucciso è la chiave di svolta.   Privata di una visione normale della vita per le violenze subite fin da piccola, la protagonista vaga nella suburra come un essere alieno e stralunato.  Come l’altro protagonista, è anch’ella abitante ignara di una società al confine con la vita:  condizione che conferisce ad entrambi una sorta di innocenza.  I due non possono fare a meno di attrarsi e così nasce l’amore.  Con l’amore, il supereroe acquista il ruolo del protagonista buono a cui affidare la difesa della società.  Ma chi è allora l’altro super eroe che interpreta il male?  Come il bene ha bisogno d’amore, così il male vuole uno scopo malvagio da perseguire.  Quasi sempre, esso si identifica con l’esasperazione di modelli negativi: la vanità, la lussuria, la bramosia di consumare e di abbandonarsi ai vizi più ripugnanti, il potere assoluto sugli altri per coprire le proprie frustrazioni e le proprie miserie.   Luca Marinelli è il grande interprete del male.  Una maschera perfetta (quegli occhi!) che allinea la scenografia nostrana a quella internazionale,  senza raggiungere però la freddezza metallica e tutta americana di un novello Schwarzenegger.

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati