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Lo chiamavano Jeeg Robot

Regia di Gabriele Mainetti vedi scheda film

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La recensione su Lo chiamavano Jeeg Robot

di cheftony
9 stelle

Ma tu sei un supereroe! Mica puoi andà a rubbà! C'è 'n sacco di ggente da sarvà!”

Aridaje co' 'sta ggente!”

È per questo che c'hai i poteri.”

 

Tor Bella Monaca, frazione di una Roma intimorita dagli attentati di ignoti bombaroli: Enzo Ceccotti (Claudio Santamaria) è un ladruncolo di strada, roba di bassa lega, uno che frega gli orologi. Vive in una topaia squallida, in cui sta sempre seduto a guardare distrattamente pornazzi, nel frattempo cibandosi esclusivamente di yogurt alla vaniglia e fumando sigarette a ripetizione.

Durante un lavoretto relativo allo spaccio col suo ricettatore di fiducia Sergio (Stefano Ambrogi), le cose precipitano improvvisamente, ma Enzo riesce per miracolo a salvarsi: evidentemente ha acquisito dei superpoteri durante la “nuotata” che la sera prima, al fine di sfuggire ai suoi inseguitori, si era fatto nel Tevere impestato di rifiuti tossici.

Alessia (Ilenia Pastorelli), figlia di Sergio e sua condomina, resta così sola con le sue gravi turbe psichiche: fissata con l'anime “Jeeg Robot d'acciaio”, vive in una realtà distorta e individua in Enzo il suo Hiroshi Shiba, l'eroe dell'anime destinato a salvare suo padre e l'umanità. Il novello supereroe le nasconde la verità, ma si ritrova invischiato in una brutta situazione e costretto a proteggere la ragazza: questo perché l'operazione fallita a fianco di Sergio era al soldo del piccolo boss locale Fabio detto lo Zingaro (Luca Marinelli), ambizioso, vanitoso e spietato. Indebitatosi, a causa dell'insuccesso di Sergio, con un clan camorristico, lo Zingaro deve nell'ordine: punire i responsabili, rapinare un portavalori e fare il grande botto che lo proietti nel gotha della malavita. Insomma, un lavoro da supereroi, balordo di periferia o meno che fosse in precedenza…

 

Ilenia Pastorelli, Claudio Santamaria

Lo chiamavano Jeeg Robot (2015): Ilenia Pastorelli, Claudio Santamaria

 

Lo chiamavano Jeeg Robot” è senz'altro il film del momento, assurto ad una notorietà su larga scala che i suoi creatori sicuramente non immaginavano; forse pure a ragione, visto che l'idea di base fa molto geek, ma quello che ne risulta è un film di genere assolutamente trasversale e originale. Vi si riscontrano elementi da film d'azione ultraviolento (presenti, con mia grande sorpresa, fin dal principio e ben distribuiti), ma anche sentimentale e perfino sociale. La componente di fantasia risulta motore scatenante, ma anche la furbata che consente giustamente di sorvolare a cuor leggero sulla surrealtà: Roma è una città sotto assedio, ma le istituzioni sono assenti e le forze dell'ordine in perenne ritardo. Se ne è parlato come del primo cinecomic italiano, come se fosse banalmente un'emulazione dei prodotti con cui Hollywood sta ormai stiracchiando all'infinito il filone (che già mal sopporto), ma è ovvio che non è così: i superpoteri sono collaterali alle vicende, per quanto si succedano classicamente le fasi di acquisizione, presa di coscienza e impiego a fin di bene di essi.

Il tono è tutto sommato leggero, con alcune perle d'ironia davvero valide: si veda, su tutte, l'idea del super(anti)eroe di andare a staccare un intero sportello del Bancomat appena scoperta la sua straordinaria forza. Ma non mancano momenti di inatteso e tenue lirismo, quale l'attivazione manuale della giostra al luna park per Alessia.

 

Luca Marinelli

Lo chiamavano Jeeg Robot (2015): Luca Marinelli

 

Scritto in modo impeccabile da Nicola Guaglianone e dal fumettista e sceneggiatore Menotti, Lo chiamavano Jeeg Robot” è diretto dal 39enne Gabriele Mainetti, al suo primo lungometraggio dopo ben sei corti e una breve carriera da attore. È un'autoproduzione tramite la Goon Films, incentivata dal contributo iniziale di RAI Cinema, che ha portato il budget totale a 1'700'000 euro, cifra comunque irrisoria se paragonata ad un qualunque film di supereroi “ammerigano” ma sufficiente a garantire effetti speciali più che buoni. Distribuito dalla Lucky Red, ha ormai riscosso un incasso ottimo, tant'è che già si fantastica sul sequel (operazione di cui in genere diffido).

Impressionante a dir poco la regia di Mainetti: dinamica, sicura, poliedrica, splendidamente accompagnata dal lavoro alla fotografia di Michele D'Attanasio.

Passando agli attori, funziona alla grande la contrapposizione fra un Santamaria imbolsito e appositamente ingrassato di venti chili e Luca Marinelli, tanto conferma quanto rivelazione col suo Zingaro, villain folle, fragile e ben stratificato. Da elogiare anche l'esordiente Ilenia Pastorelli, una che pochi anni fa partecipava al Grande Fratello 12 e che qui si ritrova ad interpretare egregiamente un ruolo fondamentale nell'economia del film; sarà anche stata agevolata dal personaggio molto sui generis e dall'impiego pressoché esclusivo del romanesco, in modo da non avere così problema alcuno di dizione, ma la trentenne ne esce brillantemente.

La colonna sonora è curata dallo stesso Gabriele Mainetti e da Michele Braga e include alcune cover assolutamente spiazzanti (“Non sono una signora” della Bertè, “Un'emozione da poco” di Anna Oxa), interpretate dall'incontenibile Marinelli.

Un appunto da fare a “Lo chiamavano Jeeg Robot”? Forse si dilunga troppo nel pre-finale, quando ormai il sottotesto dello scontro va imbastito e portato fino in fondo. La carne al fuoco è veramente tanta, la durata arriva a sfiorare le due ore e il rischio di sbracare ricalcando schemi già visti si presenta. Ma ad averne, signori, ad averne!

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