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Lo chiamavano Jeeg Robot

Regia di Gabriele Mainetti vedi scheda film

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La recensione su Lo chiamavano Jeeg Robot

di will kane
8 stelle

Fin dalle prime inquadrature conosciamo la dimensione marginale di Enzo, delinquente di quart'ordine che, inseguito dalla polizia in una Roma che le voci dei telegiornali definiscono sull'orlo del precipizio, tra attentati e malavita imperante, si tuffa nel Tevere e viene contaminato da misteriose sostanze nocive contenute in bidoni sommersi. Da lì in poi, la sua vita cambia: se ferito si rigenera, acquista una forza sovrumana, sopravvive a cadute di decine di metri. Inizialmente continua a delinquere, anche perchè del resto dell'umanità non si cura, tra abbuffate di yogurt e mucchi di dvd porno che accatasta nella squallida abitazione in cui vive, ma l'incontro con una ragazza la cui mente è stata compromessa da orrori del passato e una sensibilità particolare, spinge l'uomo a sviluppare una forma di coscienza, cominciando a somigliare a Hiroshi Shiba, l'eroe dei manga degli anni Settanta che diventava Jeeg Robot d'acciaio. Sullo sfondo, bande di criminali che si sterminano in pieno giorno, ed uno psicopatico con la mania della pulizia che si esibisce cantando "Un'emozione da poco" di Anna Oxa in un night, e coltiva l'ambizione di impadronirsi della città. Scommessa totale di Gabriele Mainetti, che ha coscritto e diretto la pellicola, "Lo chiamavano Jeeg Robot" rimanda, nello spunto e anche un pò nella storia a "Unbreakable", con Bruce Willis, con un eroe riluttante, che ad un certo punto prende atto dei poteri "in più" che ha e decide di fare una scelta: quel che è notevole, è che questo film sia costato poco, per i canoni del cinema di oggi, un milione e settecentomila euro, e la resa visiva dimostra sia che è ancora possibile un cinema "di genere" dalle nostre parti, e che sfruttando al meglio le non troppe risorse a disposizione, un film che avvince lo spettatore e lo proietti in un quadro anche fantastico, sia fattibile. Mainelli, pur rubacchiando qua e là da altri lungometraggi ( ne cito un paio soli, "Il segreto dei suoi occhi", con una scena-clou tra la folla di uno stadio, e "Il ragazzo invisibile", molto meno riuscito omaggio ai supereroi di Salvatores), mette su un film con impennate di regia gustosissime ( la strage sulle note di "Ti stringerò" di Nada, degna di Quentin Tarantino e John Woo), un'intelligente descrizione dei personaggi, che sono tutti caratterizzati, anche quelli minori, ed un'ottima mano narrativa, che in un esordiente non è scontato trovare. Cast indovinatissimo, rimarchevole la stanchezza via via commutata in energia di Claudio Santamaria, ma brillano ancora di più la fragilità tenera di Ilenia Pastorelli, e il malato istrionismo di Luca Marinelli (azzardo: se il film gira nei mercati internazionali, facile che arrivino offerte importanti per quest'attore straordinario, credibile sia in un ruolo sopra le righe come questo, ma anche nelle mezze tinte de "La solitudine dei numeri primi" e "Tutti i santi giorni"). Una piacevolissima sorpresa.

 

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