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Lo chiamavano Jeeg Robot

Regia di Gabriele Mainetti vedi scheda film

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La recensione su Lo chiamavano Jeeg Robot

di mc 5
2 stelle

Qui bisogna usare molta cautela nel criticare questo film. Dirò subito (così ci caviamo il dente) che non mi è piacuto per niente. La frase iniziale significava che questo film (anche se l'esordio al botteghino è stato moderatamente brillante, pur se uscito in un numero elevatissimo di copie) può contare su un doppio colpo vincente: da una parte uno zoccolo duro di estimatori che era già convinto a supportare la pellicola in ogni modo e con grinta accanita già molto prima che uscisse. E poi -soprattutto- un tifo visto poche volte da parte della critica, che lo ha inondato di lodi sperticate quando non adddirittura di vere e proprie ovazioni. E qui francamente io sono perplesso, sconcertato, spiazzato e quant'altro. Il film poggia su una sola idea che posso concepire come carina ma certo non sufficiente ad essere spalmata (in modo grottesco) su due lunghe ore di proiezione. L'idea è ormai notoria: sullo sfondo di una periferia inerte ed inerme come quella della cittadina di Torbellamonaca, tra spacciatori, trafficanti e balordi d'ogni sorta ecco farsi largo un tizio sfigatissimo che -dopo una non meglio specificata contaminazione (radioattiva?) acquisisce a mò di superpotere una forza sovrumana che (per dire) je fa spostà i tram co 'e mani nude. E se sto a parlà romano un motivo ce sta. Tacci loro.e de sto filme. Per due ore tutti i personaggi nun fanno che parlà co l'accento locale e pure stretto, tanto che er sottoscritto ha capito sì e no la metà de quello che stavano a dì. Il film è infatti un flusso verbale non stop de "chestaffà" e de "chestaddì", peraltro spesso gridati. Forse è perchè buona parte dei critici sò romani che nun c'hanno fatto caso a sto dettaglio. Boh. Io invece sono uscito dalla sala che necessitavo di un pò del mio dialetto emiliano giusto per tornare alla normalità. E adesso qui non datemi del leghista che vi spezzo le manine, che non sopporterei di sentirmi dare del salviniano impunemente. Ma -scherzi a parte- secondo me il regista (tale Gabriele Mainetti) voleva creare un humus pasoliniano (fallendo completamente). Tra l'altro pare che il Mainetti abbia curato anche le musiche, tristemente minimal-oppressive anzi proprio brutte. Esse contribuiscono non poco ad ammorbare un clima generale di una tristezza allucinante. Film tristissimo, davvero. Le tonalità vanno dall'incazzato al sofferente passando per il malinconico. Sconsigliatissimo a chi già è depresso di suo. In due parole, c'è dunque 'sto tizio sfigato che -suo malgrado- s'accorge di avere sta forza in corpo. Poi c'è un'amichetta sua (una specie di coattella che vive sulla luna). E poi ce stanno l'altri. Cioè un mondo popolato di spacciatori e balordi, nel quale a primeggiare abbiamo un tale che è una via di mezzo tra una testa di cazzo totale, un Joker come quello di Batman, e un minorato mentale che si crede dio e che pare appena scappato dal Sert. Tre personaggi e tre attori che mettono in scena un disastro di film. Claudio Santamaria -notoriamente altrove bravino- qui è quasi catatonico, der tipo che nun sa che fà, nun sa dove mette 'e mani, nun sa dove guardà. Lei si chiama Ilenia Pastorelli e parla così da coatta e da impedita che je vorresti dà du schiaffi.(detta in italiano: è negata per la recitazione). E infine LUI, il dèmone, la follìa fatta uomo, un Luca Marinelli che nun lo si regge. E' tutto uno spalancare occhi da matto, un saltare e correre come un ossesso, uno sparare a qualunque cosa si muova, un gridare ed inveire a volumi pazzeschi: insomma Marinelli (che avevamo apprezzato altrove) qui ce la mette tutta a dare forma ad una caricatura che è a sua volta una macchietta di un essere selvaggiamente demoniaco per il quale la definizione (usualmente utilizzata nei confronti di Sean Penn) di OVER ACTING qua è la parodia di un eufemismo. E concludo con la triste percezione che -ringraziando la suddetta critica entusiasta- ce toccherà er secondo episodio. Tacci sua e de su madre.

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