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Fai bei sogni

Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film

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La recensione su Fai bei sogni

di alan smithee
5 stelle

La ricerca della verità che dura almeno la metà di un'esistenza; un inganno che cela una verità tragica che nessuno è stato in grado di rivelare per tempo alla persona che più di ogni altra ha sofferto la scomparsa di un personaggio centrale. Da Gramellini un film che emoziona solo a tratti, troppo proteso a perdersi in sipari e storie fuorvianti.

locandina

Fai bei sogni (2016): locandina

FESTIVAL DI CANNES 2016 - QUINZAINE DES REALISATEURS

"Fai bei sogni" è l'augurio più tenero e dolce che una madre possa fare al suo bambino, ma è anche il ricordo più intimo che questo riserva nei confronti del personaggio cardine della sua vita, scomparso improvvisamente e davvero prematuramente dalla scena della sua vita di fanciullo.

Massimo infatti ha solo nove anni ed è legatissimo alla madre (Barbara Ronchi) - casalinga vittima di un forte esaurimento nervoso non curato adeguatamente che le alterna momenti di gioia ed euforia a lunghi intervalli di vuoto interiore e scoramento cosmico senza apparente rimedio - molto meno al padre (Guido Caprino), figura ombrosa e poco socievole sempre distante per lavoro. Il giorno in cui la donna muore in circostanze apparentemente (per il bambino) misteriose, il ragazzo vede tramontare tutte le già scarse certezze di vita, i capisaldi su cui si poggiava ogni stimolo di vita.

Per fortuna alla televisione rimane Belfagor, il mostro cattivo ma non troppo che a fine anni '60 teneva incollati allo schermo tutti gli utenti televisivi e che finoisce per rappresentare una dei rari punti di appoggio che consentono a Massimo di divenire pian piano adulto, non senza il bisogno di tentare di trovare, invano, una figura femminile che supplisca quella della madre.

Ma arrivare a quarant'anni senza che nessuno si sia votuto prendere la responsabilità di raccontare a Massimo ciò che davvero è successo alla madre, è un aspetto oscuro, perverso, quasi tetro e anche tragicomico per certi aspetti, di un'esistenza ingannata o tradita.

Barbara Ronchi, Nicolò Cabras

Fai bei sogni (2016): Barbara Ronchi, Nicolò Cabras

La trasposizione cinematografica del noto romanzo autobiografico di Massimo Gramellini tradisce spesso l'intensità genuina di un dilemma familiare in cui per tacere una verità troppo sconvolgente da far comprendere ed accettare ad un bambino, finisce poi per ricondurlo in un tunnel di insicurezza ed instabilità che lo segnerà per una vita.

Sensazioni di disagio che sia il giovane bravo attore che interpreta Massimo bambino (Nicolò Cabras), sia ancor più Valerio Mastandrea nel ruolo del suo alter ego adulto, sono in grado di rendere esplicite con vibrante intensità.

Emmanuelle Devos

Fai bei sogni (2016): Emmanuelle Devos

Peccato che il film - davvero troppo lungo e colmo di personaggi e vicende secondarie assolutamente evitabili e poco utili alla purezza di una storia di base di per sè intensa e genuina (basta scorrere il cast sterminato per rendersi conto di ciò) - forte anche di una notevole fotografia (di Daniele Ciprì), un pò tetra come è bene ed interessante che sia, risulti in relatà a mio avviso male assemblato in ripetuti disordinati via vai temporali alternati senza molto criterio; riempito per ragioni commerciali di attori francofoni (Emmanuelle Devos e Bérénice Bejo) utili a richiamare in sala il pubblico d'Oltralpe per un lancio bi-direzionale, ma di per sè non necessari al contesto della storia.

Sarebbe stato meglio tagliare, limitarsi alla vicenda intima e familiare, al dramma della scoperta tardiva, senza troppo aprirsi al mondo circostante, alle vicende, anche sentimentali, che si intersecano nella vita del protagonista, poco utili alla dinamica del film e a garantire omogenea intensità ad un film che, invece e proprio per questo, scorre a corrente alternata.

Si rimane pertanto catturati per una mezz'ora (complessiva, ma in realtà frammezata dai molti cambiamenti temporali da cui è funestata senza troppo riguardo la dinamica della storia) dalla tenerezza verso un ragazzino sofferente, e dalla compassione per un quarantenne forse ingenuo, ma comunque vittima di un complotto ingiusto e crudele, senz'altro immeritato: tutto il resto del fim sono fiumi di parole e sforzi di rocostruzione di una Torino ormai lontana: supplellettili pregiato ma fuorvianti rispetto ad una storia che meritava una focalizzazione più calibrata sui due personaggi, anzi sullo stesso nelle due alternate fasi esistenziali.

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