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La pazza gioia

Regia di Paolo Virzì vedi scheda film

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Fanny Sally

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La recensione su La pazza gioia

di Fanny Sally
8 stelle

Due attrici in stato di grazia raccontano la singolare amicizia tra due anime fragili e perdute, in bilico tra dolore e voglia di rinascita.

Non era facile incentrare un film coi toni da commedia su una coppia di donne affette da lievi disturbi mentali senza rischiare di eccedere nella grottesca banalizzazione né nel più facile pietismo, sfociando inevitabilmente in un dramma lacrimoso.

Fortunatamente Paolo Virzì, pur non colpendo per originalità, con la collaborazione di un’altrettanto illuminata Francesca Archibugi, riesce a scampare piuttosto bene al pericolo di un disastro, realizzando un’opera in costante equilibrio tra lucidità e follia, grazie ad una formula narrativa già ben rodata, quella del viaggio on the road motivo di riscoperta e nascita di legami, e a due ottime attrici perfettamente calate nella parte, quali la moglie Micaela Ramazzotti e la francofona Valeria Bruni Tedeschi, per una volta tornata a recitare nel suo paese d’origine.

 

Le protagoniste da loro interpretate sono due donne fragili e sole, tradite dalla vita e rifiutate dai loro affetti più cari, che hanno reagito in maniera diversa al dolore, l’una Beatrice Morandini Valdirana (Bruni Tedeschi) ostenta origini e conoscenze importanti, vestendosi in maniera eccentrica e appariscente e dispensando consigli di stile a chi la circonda, l’altra Donatella Morelli (Ramazzotti) è invece una giovane scontrosa e introversa con l’animo ingenuo da bambina che custodisce un triste passato.

 

Affidate ai servizi sociali per ragioni diverse e alloggiate nella stessa clinica, un giorno decidono di fuggire dalla tutela di medici e infermieri mettendosi in viaggio come due novelle Thelma & Louise per le campagne toscane, alla ricerca di un po’ di libertà e felicità. Ovviamente il loro essere non propriamente sane di mente le porta a restare coinvolte in una serie di tragicomiche peripezie.

 

Forse la parte un po’ più debole è proprio quella ambientata all’interno della casa di cura, dove le figure delle altre degenti e degli psicologi appaiono più banali e poco approfondite, ma ciò viene compensato dalla misura e dalla delicatezza con cui vengono mostrate la malattia e la sofferenza di queste due anime reiette e smarrite (rese umane e credibili dalle perfette caratterizzazioni), nonché il loro graduale e tortuoso percorso di avvicinamento, che sfocia in una bella e commovente amicizia.

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