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Gli ultimi saranno ultimi

Regia di Massimiliano Bruno vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Gli ultimi saranno ultimi

di M Valdemar
3 stelle

 

locandina

Gli ultimi saranno ultimi (2015): locandina



Gli ultimi saranno ultimi. La dramedy de' noantri ha lo spessore di un detto popolare (opportunamente "alterato" e gonfiato di "significato") spacciato per spaccato di una realtà e di una società sempre più alla deriva. Nulla funziona, nella ricercata, ambiziosa fusione dell'impegno da un lato, e dell'alleggerimento brillante dall'altro. Il dramma tocca vette d'impensabili, datate banalità acquerellate su un calco che ricicla, accumula caratteri e toni sulla crisi economica, familiare, umana. Mobbing, colleghi perfidi, maternità indesiderate (dai capi bastardi che non rinnovano il contratto a famiglie agiate e "perbene" che mal gradiscono la vista di una donna incinta impiegata come cameriera al catering), cronica mancanza di alternative e soldi, mariti buoni a nulla sempre alla ricerca dell'"affare" e della scommessa sicura e perciò da mantenere, padroni di casa riscossori gentili ma implacabili: il quadro è fosco, appesantito e pesante, la cui attinenza con realtà esistenti è solo (pre)testo, esibizione, facciata. Una facciata imbellettata, caricata di tutti i colori e le sfumature ai fini della rappresentazione (inautentica) del mondo dei "poracci" abitato da Cortelllesi e soci. Per fortuna - e qui il "colpo d'ala" (fritta) - il mondo è anche un co(acer)vo di mattacchioni e battutari: peccato che l'ispirazione aspiri tutt'a più a inscenare siparietti d'infimo ordine dalla presa facile. Il poliziotto Bentivoglio è tanto tormentato (il marchio d'infamia per aver fatto uccidere un giovane collega) quanto meravigliosamente ingenuo nel non riconoscere i tratti trans della donna di cui si è invaghito (e giù risate a non finire); il poliziotto Bentivoglio e la mammina col quale dialoga nel sempre simpatico veneto; la messa in diretta che ammorba l'etere e si ascolta meglio dal lavandino o se si alza la tavola del cesso (e giù risate); e ancora, la passione calcistica (mica poteva mancare), la guardia giurata perennemente addormentata (mentre il compagno s'abbuffa de frittate a colazione), l'amico spara-cattiverie. E su(l) tutto - asse portante dell'operazione, "idea" e vetta concettuale - aleggia l'ombra del grande Marione, defunto padre della protagonista: Marione di qua, Marione di là, Marione me raccontava, me diceva, che tradiva, reagiva, faceva, era ... pluricitato dai comprimari ma soprattutto dalla stessa Cortellesi, che ne parla (come del marito fedigrafo, del suo essere "poraccia") sin dall'inizio, e per tutto il film, mentre impugna una pistola e in flashback si sviluppa il racconto. Contesto incredibile, assurdo, nel quale sviscerare un monologo così falso, teatralmente impostato, recitato (troppo: e si vede) da una Paola Cortellesi che - è il guaio peggiore - ce crede, mannaggia. Ci credono tutti, in questa rappresentazione povera, figlia di una scrittura mediocre (eufemismo), crocevia balordo di clichè e inanità, adagiata su una messa in scena stantia, piatta, incapace di procedere se non per inerzia. E che trova il degno climax nella sequenza della festa di paese innescata dalla scoperta del tradimento da parte della protagonista/martire: la sola cosa in grado di suscitare interesse, un po' perché di facile esecuzione, di sicuro effetto (lei che si trascina sfatta e disperata durante la processione), un po' perché sparano a palla Quello che non c'è degli Afterhours (che almeno per un attimo sospende le moleste musichette a tema). Non c'entra un abbacchio, ma il pezzo è grande e fa sempre piacere riascoltarlo. Il peggio arriva nel finale, emblematico e riassuntivo della misera portata: la resa dei conti - scena clou nella quale "finalmente" i destini paralleli del poliziotto e della martire s'incrociano - è una scena che travolge per insulsaggine con tutto il suo carico tragico involontariamente comico (la Cortellesi e i suoi acuti sono da antologia dello scult: risate). A mettere le cose a posto ci pensano le ultimissime inquadrature che ci rassicurano sulle sorti dei personaggi. Casomai fossimo interessati.

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