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Manchester by the Sea

Regia di Kenneth Lonergan vedi scheda film

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La recensione su Manchester by the Sea

di mc 5
6 stelle

E con questo fanno tre. Nel senso che ho completato con "Manchester by the sea" la visione della (chiamiamola così) "triade" degli Oscar reputati migliori tra quelli nominati alla serata finale. Prima di scendere nel dettaglio della pellicola in oggetto, fatemi però esprimere un giudizio comparativo finale. Su "La Ls Land" non ho problemi: film non disprezzabile sì, ma enormemente sopravvalutato, sul quale ho parecchie riserve. Moonlight mi ha preso proprio bene, decisamente il migliore dei tre. E "Manchester"? Mah. E in questo "mah" c'è la sostanza del mio pensiero. Questo film condivide con Moonlight una tristezza di fondo che attraversa i due film per tutta la loro durata. Ma con una differenza sensibile. In Moonlight questa malinconia di base possiede e sviluppa nuna propria poesia elevando anzi il livello dell'opera e rendendo prezioso e suggestivo quello che poteva essere un comune romanzo di formazione. In Manchester by the sea...beh, se riesco a farmi capire, la tristezza immensa che lo percorre mi è parsa inerte, improduttiva, sterile. Il dolore del protagonista (che secondo i sostenitori del film è il punto di forza della chiave del regista Kenneth Lonergan) rischia di risultare tutto ripiegato su se' stesso, senza sbocchi. Ma poi dipende molto anche dal punto di vista con cui lo spettatore si pone. Se ci si lascia prendere dalla suddetta tistezza nel verso giusto, questa puo' divemtare un rifugio, un luogo d'approdo ideale per chi cerca un clima nel quale crogiuolarsi, come chi sta sotto un piumone a godere di quella condizione, perchè a volte -è innegabile- fa bene al cuore anche cercare rifugio nella malinconia (e questo puo' essere il caso di questo film). Ma attenzione, se si costruisce tutto un film sui toni della tristezza (insistita e continua) dopo un soglia si rischia pericolosamente la noia. Ecco, diciamo che la noia mi ha solo sfiorato senza mai realmente affondarmi. Proprio perchè quei paesaggi innevati cosi' tristi una certa qual poesia la possiedono, peccato solo che il regista ci abbia messo un carico da novanta pesante come un macigno (proprio nel senso della tristezza) facendo accompagnare gran parte del film da musica classica, di quella maestosa, solenne, austera, che affossa ogni possibilita' di soluzioni un minimo serene. La trama cerchero' di sintetizzarla, pero va detto prima che i protagonisti sono due. Il ragazzo che è figlio del morto di cui si parla in tutto il film e che io ho trovato un ruolo scritto piuttosto in modo discutibile (quello con due fidanzate, che trovata sciocchina) e oltretutto ruolo affidato ad un giovane attore che non è nulla di speciale, anzi decisamente ordinario. E poi c'è la parte dominante affidata a Casey Affleck, cui l'Academy ha attribuito un prestigioso Oscar. A mio avviso non del tutto meritato. Forse perchè il personaggio sia nella scrittura sia nella chiave impressa da Affleck, è troppo inerte, ripiegato in se' stesso (come tutto il film d'altronde). Diciamo che Casey s'impegna molto nel dare un'impronta originale, ma con una resa discutibile che rende il personaggio da una parte psicotico e dall'altra vittima di un dolore inesprimibile. Troppo freddo. Non si capisce se freddo per esigenza narrativa e di copione oppure per inadeguatezza di comunicazione dell'attore. Si parla di un artigiano che ripara un po' di tutto il quale viene raggiunto dalla notizia della morte del fratello e deve affrontare tutta una serie di conseguenze, da quelle pratiche (preparazione del funerale) ad altre di carattere famigliare e che impongono certi cambiamenti di vita. Si saprà poi che costui ha un episodio nel suo passato legato ad un gravissimo incidente di cui portera' dentro di se' per sempre il peso, ma ovviamente non è qui il caso di fornire dettagli in merito. Insomma resta da dire che il ragazzo è interpretato da un Lucas Hedges come ho detto piuttosto irrilevante come qualita' attoriale, mentre il protagonsita Casey Affleck è senz'altro bravo ma troppo (troppo!) forzato oltre i limiti del manierismo. Come "storia americana" il film è dotato di un suo fascino, lo ammetto, ma tra intepretazioni dolenti, paesaggi sempre uguali e musica classica "pesante," si esce dalla sala quasi soffocati da uno tsunami di malinconia.

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