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Lettere da Berlino

Regia di Vincent Perez vedi scheda film

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La recensione su Lettere da Berlino

di alan smithee
5 stelle

Berlino inizio anni ’40: una coppia di ceto operaio riceve una tragica notizia dal fronte: il loro figlio è rimasto ucciso durante una missione facente parte del piano di espansione territoriale imposto dal regime nazista. Sconvolti i due coniugi si rendono conto di come il loro governo mandi senza scrupolo al sacrificio la sua popolazione più giovane in nome di un sogno di gloria folle e scellerato.

Per questo l’uomo decide di organizzare una sua resistenza ed opposizione personale al regime, attraverso la scrittura di biglietti anonimi che, per la prima volta, osano opporsi alla dittatura nazista esprimendo senza remore ogni opposizione al regime nazista spietato e portatore di morte e lutti.

La moglie decide di appoggiarlo coadiuvandolo e salvandolo in certe situazioni a rischio in cui l’uomo, accerchiato sempre più e preso di mira da un integerrimo funzionario di polizia proteso a stanare il traditore con tutte le sue forze, finisce per cacciarsi.

L’attore piuttosto celebre Vincent Perez continua la sua avventura in regia che lo ha contraddistinto a scandaglio già da inizi anni ’90, ma si adopera (contribuendo pure alla stesura della sceneggiatura) questa in una ambiziosa produzione internazionale che vede coinvolti un trio di star di prima grandezza (Gleeson, Thompson e Bruhl), pilastri di una vicenda insolita che per una volta ci parla di lotta al nazismo da parte del popolo “ariano”, e non da parte della vessata minoranza ebrea.

Un episodio che costituisce un antefatto degli eccidi di cui è tristemente nota la storia tedesca di quei terribili anni.

Purtroppo il film, nonostante le migliori intenzioni e l’intensità interpretativa delle tre star di prim’ordine, rimane un po’ ingessato in se stesso, come un compito corretto eseguito diligentemente, ma assolutamente privo di vitalità e di uno stile che non si discosti da una neutra impeccabilità.

Ottima la ricostruzione scenografica della Berlino anni ’40, dispendio di mezzi a sufficienza per rendere tutto credibile, ma anche un po’ troppo rigido e non proprio in grado di trasmettere l’emozione che da una vicenda del genere si presupporrebbe di riuscire a percepire.

E dire che il film ha un ottimo incipit costituito dalla scena di uccisione del figlio, con la camera che si concentra sullo sguardo ormai quasi rigido del morente, sugli occhi sgranati di uno dei tanti innocenti caduti vittima di un folle piano di morte, in quei momenti solo ai suoi primi passi.

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