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Vivere e morire a Los Angeles

Regia di William Friedkin vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Vivere e morire a Los Angeles

di Baliverna
9 stelle

A voler acciuffare un criminale a qualunque costo si diventa criminali anche noi. E poi è desiderio di giustizia o vendetta personale?

ANTICIPAZIONE DEL FINALE - Gran bel poliziesco, violento sotto la soglia di tolleranza (per me), solido e duro, diretto con grande sapienza da Friedekin. Non c'è nessun eroe o divo, e nessun protagonista, ma una storia di crimine dove i poliziotti scendono lentamente sullo stesso piano dei delinquenti. La sceneggiatura, metaforicamente, segue un percorso quasi spirituale e metafisico.
Il cammino per arrestare il falsario - pure un tipo odioso che uccide con grande indifferenza - si fa via via più tortuoso; è cosparso da ostacoli che sono pastoie burocratiche, ma anche da ostacoli legali e giusti (l'onestà del polizioto, il bene e il male...). Egli supera, scavalca e accantona gli uni, ma anche e gli altri; scende cioè a compromessi sempre più pesanti con l'onestà professionale e con la sua coscienza. Prima le tattiche per far cadere il falsario, poi la ragazza informatrice (con la quale va a letto ma anche minaccia e ricatta), poi il tentativo di imposessarsi di denaro sequestrato, quindi il furto del taccuino, e infine lo sporchissimo affare del cinese. Da un'azione di giustizia, l'incastrare il delinquente è diventato una questione di vendetta personale, per attuare la quale il poliziotto è disposto a tutto. A poco a poco si ritrova ad essere delinquente anche lui, a scendere per la scala del male, e si ritrova in un simbolico inferno di fiamme assieme a colui che perseguiva. A entrambi la stessa sorte.
Inoltre, anziché provare rimorsi come il suo collega, va avanti imperterrito e dopo l'inseguimento si fa prendere da una stupida euforia del tutto fuori luogo. Quanto al gemello, frena e punta i piedi ma non abbastanza forte, e comunque lo fa fino ad un punto in cui anche lui finisce per uccidere tutte le remore della coscienza (cioè quando accetta di accompagnare l'altro all'incontro decisivo). Dopo questo passo, anche lui sarà diventato come l'altro. E' un percorso di rovina per tutti, discorso che si può applicare anche ad altri ambiti della vita di ciascuno di noi. Inoltre la pellicola sembra anche suggerire che la giustizia non è giustizia, se è a tutti i costi, il che mi trova d'accordo.
E' un film ottimamente diretto, asciutto e poco parlato, che ricorda per certi versi i futuri film di Michael Mann (si ispirò a Friedkin?). C'è una splendida sequenza d'azione, ma non è un film d'azione, ed è lontano in molti sensi dagli action-movie degli anni '80. In quegli anni diversi film rappresentavano Los Angeles come una metropoli invivibile, dominata da micro e grande criminalità. Evidentemente era la verità.
Se non fosse stato per il colpo di pistola alla testa e quello ai testicoli, sarebbe stato un film perfetto.

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