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La grande scommessa

Regia di Adam McKay vedi scheda film

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La recensione su La grande scommessa

di lamettrie
8 stelle

Un bel film, onesto, sul capitalismo. In particolare, sulla sua branca più importante e redditizia, la speculazione finanziaria. Di cui, senza mezzi termini, si denuncia la natura delinquenziale. Il finale è ancora più atroce: il ricco ladro non paga per le sue malefatte, e continua  ad arricchirsi grazie ad esse. A pagare sono solo i contribuenti e la maggioranza della gente, ingannata scientemente. Il problema grosso è che è tutto vero. È stato tutto vero, qui e altre volte, perché il soggetto è un libro sulla tragedia della crisi del 2008, come noto.

Viene impiegato, per render più visibile la pellicola, gran parte dell’armamentario della spettacolarità commerciale: ma con l’andar del tempo si capisce che questo prodotto non è solo fuffa, tutt’altro.

Tra i vari protagonisti c’è di tutto: dal Brad Pitt pentito della grande finanza (la quale resta la peggiore causa dei mali del mondo da parecchi decenni; e il pentitismo in seno ad essa non si può mai auspicare abbastanza), a vari squilibrati. Il film ha anche questo merito: mostrare come, dietro alla parvenza di rispettabilità e desiderabilità, l’avidità dia una ragione di vivere, per quanto inefficace, a persone profondamente infelici, esattamente come una droga (l’ambientazione a Las Vegas, a un certo punto, e la similitudine tra finanza immorale e il gioco d’azzardo irresponsabile non fanno un plissé); e che, comunque, con tale avidità non può coesistere nessuna forma di morale degna di tal nome. Tale avidità non risolve, ma peggiora, la vita dei suoi protagonisti; e sicuramente contribuisce a peggiorare quella dell’umanità.

Molto tecnico per quel che concerne l’economia, e non potrebbe esserlo di meno: aiuta  a capire quando sia importante l’economia e conoscerla bene, per la vita reale di chiunque, senza finire per dare un giudizio positivo dei privati che, oggi come oggi, sull’economia spadroneggiano, quasi senza alcun limite corretto posto dagli stati (i quali del resto sono pressoché ovunque ostaggi di una ristrettissima minoranza di capitalisti, purtroppo, che non hanno certo interesse acciocché lo stato ponga loro dei limiti).

I caratteri sono mescolati un po’ a macedonia, senza essere ben approfonditi: la sceneggiatura non è nitida come forse poteva essere. Ma è un film coinvolgente, specie per il suo crescendo, oltre che assai veritiero. E soprattutto istruttivo.

 

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