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La grande scommessa

Regia di Adam McKay vedi scheda film

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Will88

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La grande scommessa

di Will88
8 stelle

«Abbiamo scommesso contro l’economia americana, il che significa che, se abbiamo ragione, la gente perderà la casa, la gente perderà il lavoro, perderà i risparmi di una vita, perderà la pensione. Per le banche, le persone sono dei numeri. Ecco un numero: ogni 1% di disoccupati, muoiono quarantamila persone. Lo sapevate?».

«Wall Street usa termini che confondono per farti credere che solo loro possono fare quello che fanno o, meglio ancora, allo scopo di non farsi rompere le palle». Questa frase è l’incipit ideale per descrivere La grande scommessa (The Big Short, 2015) di Adam McKay. Conoscere il regista statunitense permette di capire l’efficacia di questo film nel trattare argomenti complicati (anche solo dal punto di vista terminologico) riguardanti la crisi finanziaria del 2007. Sceneggiatore e regista del Saturday Night Live, Adam McKay ha ideato i suoi lavori sempre nel campo della commedia, velata però da elementi drammatici. Questa contaminazione si ritrova anche in questo suo ultimo film, grazie ad intuizioni registiche che spezzano lo scorrere drammatico della narrazione con inserti ai limiti dell’assurdo e con l’espediente, utilizzato diverse volte, di far interagire gli attori direttamente con gli spettatori. L’incipit del film mostra lo sviluppo dei titoli garantiti da ipoteca, obbligazioni composte da un numero indefinito di mutui subprime estremamente rischiosi: di questa situazione si accorge Michael Burry (interpretato da Christian Bale) , manager anomalo di un fondo speculativo che, per guadagnare attraverso questa situazione sempre più instabile, crea un mercato di credit default swap, utilizzati per trasferire il rischio di insolvenza dei mutui. Convinte della stabilità del mercato immobiliare, le banche accettano gli swap di Burry, sicure di avere un grosso guadagno. Christian Bale presenta una figura atipica di manager, il quale vive nel proprio ufficio, si veste con maglietta e pantaloncini, ha un occhio finto, ascolta i Metallica ad alto volume e si sfoga suonando la batteria: l’esatto opposto degli impeccabili rappresentanti delle grandi banche, incapaci però di notare un disastro che sta avvenendo sotto i loro occhi. Nello scorrere del racconto, alcune scene estranee allo spazio e al tempo della narrazione fungono da didascalie per alcuni termini poco conosciuti: Margot Robbie (The Wolf of Wall Street) immersa in una vasca da bagno spiega il significato di mutui subprime, mutui rischiosi utilizzati per avere continui profitti («quando sentite “subprime” pensate a “merda”»), Anthony Bourdain utilizza la sua cucina per spiegare l’obbligazione di debito collateralizzato, mentre Selena Gomez, al casinò di Las Vegas, si serve delle persone presenti attorno al tavolo verde per definire l’ODC sintetica. Attraverso scene girate con montaggio alternato tra ambienti della finanza e simil-videoclip hip hop, vediamo come le banche siano convinte di aver fatto un affare accettando la proposta di Burry, mentre la realtà sarà ben diversa. L’ODC sintetica, una catena di scommesse sui prestiti difettosi, viene notata anche dall’investitore Jared Vennett (Ryan Gosling) che, scoperto come pacchetti di prestiti poveri vengano inseriti in un pacchetto finanziario con rating positivo non corretto (a causa delle agenzie di rating non imparziali), decide di entrare anche lui nel mercato dei credit default swap, così come Charlie Geller e Jamie Shipley, due investitori aiutati da Ben Rickert (Brad Pitt) ex banchiere. Proprio il personaggio interpretato da Pitt ammonisce i due giovani, con parole che si indirizzano direttamente anche agli spettatori: «Abbiamo scommesso contro l’economia americana, il che significa che, se abbiamo ragione, la gente perderà la casa, la gente perderà il lavoro, perderà i risparmi di una vita, perderà la pensione. Per le banche le persone sono dei numeri. Ecco un numero: ogni 1% di disoccupati, muoiono quarantamila persone. Lo sapevate?». Il film di McKay si conclude il 15 settembre 2008, giorno in cui le previsioni dei protagonisti diventano realtà e la società di investimenti Lehman Brothers dichiara la bancarotta, avvenimento dolorosamente reale, documentato anche attraverso un montaggio di immagini che testimoniano l’accaduto. Un film che, come detto prima, si serve dei canoni della commedia per portare sullo schermo eventi tristemente accaduti, che hanno ripercussioni a livello internazionale ancora oggi. Un film che lascia l’amaro in bocca, dove non ci sono “buoni”, ma solo “cattivi”, dove non ci sono vincitori, ma soltanto vinti: il finale lascia intendere che, dopo una pulizia sommaria generale, nulla sia realmente cambiato. McKay (anche sceneggiatore, con Charles Randolph) riesce nell’intento di divincolarsi in una materia difficile da gestire sotto l’aspetto visivo, attraverso una macchina da presa sempre in leggero movimento, con inserti pop e disegni astratti, con i quali l’immagine diventa preponderante rispetto alla parola.

Christian Bale

La grande scommessa (2015): Christian Bale

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