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Via dalla pazza folla

Regia di John Schlesinger vedi scheda film

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La recensione su Via dalla pazza folla

di michemar
9 stelle

È un classico romanzo ottocentesco, appassionante e drammatico, che tradotto in immagini diventa un vero mélo, efficacemente diretto con grande mano da un grande regista, meritevole per aver realizzato un grandioso film da una bellissima storia e per aver saputo scegliere con oculatezza i quattro attori protagonisti.

Un soggetto così bello, complesso, con quattro personaggi di forte carattere. Una storia così lunga e protratta negli anni con tanti avvenimenti e cambiamenti. Una trama così coinvolgente, romantica, quasi avventurosa, che assume i contorni di un romanzo popolare, come non poteva sfuggire all’attenzione dei cineasti? È già dalla nascita del romanzo di partenza che si intravede il progressivo interessamento dei lettori e poi del mondo del cinema. La prima versione letteraria, che è il quarto romanzo di Thomas Hardy, incomincia quasi alla chetichella nel 1874, sotto forma di romanzo a puntate che viene pubblicato mensilmente in maniera anonima, ma il successo che subito riscosse e le critiche senz’altro positive costrinsero lo scrittore a rimettere mano. Fu così che Hardy appose le prime modifiche nel 1895 e completò la definitiva stesura nel 1901.

 

Julie Christie, Alan Bates

Via dalla pazza folla (1967): Julie Christie, Alan Bates

 

Se ci sembrano così laboriose la nascita e le successive modificazioni e i completamenti del bellissimo romanzo, dobbiamo anche immaginare che questa laboriosità si trasferisce e fa parte integrante della lunga trama, densa di eventi e di cambiamenti di idee, comportamenti e personaggi. È una trama che volendo si potrebbe riassumere anche in poche righe, ma lentezza con cui avvengono i fatti, le difficoltà che man mano i personaggi devono affrontare, i mutamenti delle vicende umane, tutto questi elementi insomma portano come conseguenza inevitabile ad un lungo racconto ottocentesco che riesce incredibilmente a tenere il lettore e lo spettatore appassionati fino al termine, senza mai avvertire noia o stanchezza. Il romanzo ebbe più adattamenti sullo schermo: partendo da un corto del 1909 si arrivò al primo vero film nel 1915, ovviamente muto. Poi si arriva a questa versione ed infine a quella moderna nel 2015 di Thomas Vitenberg che sconsiglio vivamente, specialmente dopo aver visto il precedente.

 

 

Il londinese John Schlesinger è qui al suo quinto lungometraggio, dopo quattro pellicole ben apprezzate da pubblico e critica e che gli serviranno da trampolino di lancio per la sua bellissima carriera, tanto che dopo questo meraviglioso film approderà al premiato Un uomo da marciapiede (premio Oscar alla regia) e dopo qualche anno al celebre Il maratoneta. Una lista di titoli impressionanti. Egli sceglie di fotografare la storia nella verdeggiante campagna inglese di Dorset, nel sudovest dell’Inghilterra: ampie panoramiche sulle colline piene di erba che soddisfano le esigenze dei pastori e delle loro corpose pecore che brucano a centinaia, colline ideali per le semine e i ricchi raccolti di grano e fieno per gli animali. Molti variopinti abitanti popolano quei territori, abitano in povere case e sono più o meno tutti al servizio dei ricchi proprietari terrieri che posseggono anche grandi greggi che producono tanta lana pregiata. Siamo alla fine del XIX secolo e i poveri abbienti sono tanti: si accontentano di poco e l’importante è trovare lavoro come contadini e pastori al soldo dei ricchi signori del posto. Qualcuno, perché dotato di spirito d’iniziativa e diventato col tempo esperto come pastore, azzarda con l’aiuto di prestiti ad iniziare una attività indipendente, sperando nel buon Dio e nella clemenza del destino. E proprio ciò che prova a fare uno dei quattro personaggi protagonisti della storia, Gabriel Oak.

 

Peter Finch, Alan Bates

Via dalla pazza folla (1967): Peter Finch, Alan Bates

 

Quattro personaggi che più diversi non possono essere, e il cui destino e il cui comportamento si intrecciano e si influenzano ripetutamente, dando vita a mille risvolti e cambiamenti di comportamento dell’uno e dell’altro.

Il sergente Francis Troy, un giovane militare pieno di spirito d’avventura, chiacchierone, abile nell’uso della sciabola, che promette molto alle donne, dietro le quali non sa resiste ma alle quali risulta irresistibile. È sicuramente un arrivista e mira ad una vita più agiata di quella che la sua divisa porta a vivere. Anche dopo il sospirato matrimonio non mette testa a partito: la libertà di comportamento è più forte di lui, caratteristiche che può costargli la vita in ogni momento. Ogniqualvolta sembra che sia capace di dimenticare sua moglie - è capace perfino di abbandonarla - per cominciare nuove avventure, sorprende tutti con l’ennesimo ritorno.

 

William Boldwood è il vero unico signore di tutta la zona, anche se è abitata da tanti altri notabili. La sua ricca e grande azienda agricola è la principale attività della zona ma non è più giovane ed è celibe. Il suo innamoramento della bella Bathsheba lo manda nella più completa paranoia. È talmente invaghito e desideroso di averla come moglie che è capace di attendere anni e anni pur di arrivare allo scopo. È un bell’uomo, nonostante sia maturo, ancora di bella presenza ma ha occhi solo per la donna che ha nella mente e nel cuore. La tragedia del prefinale sarà compiuta per mano sua: amaro il destino che lo aspetta, dopo tanta agiatezza.

 

Gabriel Oak è un uomo povero e pieno di tanta buona volontà, gran lavoratore ed è anche il miglior pastore di tutta la contea, capace di far guarire le pecore e i montoni che si ammalano. È considerato e apprezzato da tutti i contadini al servizio come lui, lo rispettano e lo accettano anche come punto di riferimento. Le sue competenze non si limitano al gregge, perché è capace di adempiere a qualsiasi funzione importante nell’ambito della fattoria e quando Bathsheba avrà bisogno di un uomo che la affianchi nella conduzione dell’azienda ne prenderà subito le redini con sicurezza e fermezza. Sarà lui che salverà gli enormi covoni che sono stati costruiti dopo la mietitura, prima da un gigantesco incendio e poi dal burrascoso vento di un violento temporale. Una garanzia di affidabilità e di serietà. È lui il primo ad innamorarsi della donna, è il primo che sarà rifiutato. Ma la costanza, l’onestà di uomo e la coscienziosità saranno premiate, anche se solo alla fine di tutto. E sarà il premio più bello e meritato. La sua abbondante chioma, che si estende fino a quasi coprire l’orecchio destro, è sempre ordinata, espressione della stessa compostezza con cui sa farsi trovare sempre al bisogno.

 

Bathsheba Everdene è una bellissima donna, nata e cresciuta povera, che nonostante le sue condizioni viene corteggiata da Gabriel Oak, il quale le promette impegno e belle speranze ma viene rifiutato. Quando viene presa nella famiglia di un vecchio zio, proprietario di terre e greggi, e questi muore per vecchiaia, lei eredita tutto e ciò le cambia totalmente la vita. Gabriel diventa un suo dipendente e da ipotetico marito rientra invece nei ranghi rispettosamente. Bathsheba non è certamente una ragazza con grandi ambizioni ma desidererebbe sposarsi con una persona che lei ami, non pensa ad un matrimonio per convenienza o per consuetudine. Aspetta il momento e l’uomo giusto. E lo trova proprio nel più inaffidabile che le poteva capitare, il meno serio, il più volatile di tutti quelli che le gironzalo intorno. Non sarà facile per lei resistere alle tante tentazioni del signore della zona, William Boldwood. Lui è il più ricco e le permetterebbe una vita da gran signora, amata e riverita, rispettata e servita. Boldwood le fa una corte serrata e continua, è disposto ad aspettare mesi e anni, pur di poter portarla un giorno sull’altare e poi portarla nella sua grande bella casa. Ma lei non cede, almeno per diversi anni.

 

 

Tutto il romanzo gira attorno a questa situazione: i tre uomini volano come api intorno ad un bel fiore, desiderosi di impalmarla come moglie, promettendole – in maniera diversa, a seconda del proprio carattere – un bel futuro e dei figli. È un continuo avvicendarsi di avvicinamenti e di respingimenti, a cui resiste solo il sergente Frank, che verrà subito amato dalla bella ragazza, la quale sarò come cieca e sorda, rifiutandosi di credere ai pettegolezzi sul marito e sulla sua vita spericolata, tra scommesse e tradimenti. Solo con il precipitare degli eventi, compiendosi il destino che li aspetta tutti e quattro, si giungerà ad un lieto fine. Cioè quello che poteva essere sin dall’inizio della lunga storia, lunga per i tanti avvenimenti e per i lunghi anni in cui si svolge.

 

Julie Christie, Alan Bates

Via dalla pazza folla (1967): Julie Christie, Alan Bates

 

È un classico romanzo ottocentesco, appassionante e drammatico, che tradotto in immagini diventa un vero mélo, efficacemente diretto con grande mano da un ottimo regista, persona meritevole di grandi elogi per aver realizzato un grandioso film da una bellissima storia e per aver saputo scegliere con oculatezza i quattro attori che primeggiano nelle varie sequenze. Terence Stamp è un attore seducente e con quella faccia di scavezzacollo in divisa gli viene facile mettersi al centro della scena, come il classico militare (che allora era un ottimo partito) che conquista i favori femminili. Ancora oggi sulla breccia, sempre con il suo sguardo magnetico.

La presenza scenica di Peter Finch è innegabile: attore che sa riempire la scena con solo qualche gesto o sguardo imperioso, attore che in vita avrebbe meritato anche più dell’Oscar vinto con Quinto potere – Network (qui la mia recensione).

Come in tutti i film inglesi di quel periodo, Alan Bates è uno di quegli attori che non potevano mancare in un’opera di questo genere, sia per bravura che per la sua dote naturale ad adeguarsi in queste atmosfere. Nell’occasione è bravissimo.

Capitolo a parte per la sempre affascinante Julie Christie, occhio del ciclone che attraversa tutta la storia: bella, decisa e titubante, fiera e arrendevole quando innamorata, quasi sempre in scena, punto di riferimento dell’intero film. Senza di lei, difficile che l’intera operazione riuscisse come ci appare, lei è imprescindibile, lei È Bathsheba!

 

Belle le musiche di Richard Rodney Bennett, stupenda la fotografia di Nicolas Roeg che arrivava dal successo di Fahrenheit 451 e che da lì a qualche anno avrebbe cominciato una buonissima carriera di regista.

 

Film meraviglioso e imperdibile, troppo facilmente dimenticato ma ancora amato dai veri appassionati.

 

(Pubblicato su https://michemar.wixsite.com/website)

 

 

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