Regia di Francesca Archibugi vedi scheda film
1977. Vecchio professore comunista di sponda amendoliana, Ludovico riceve la visita del disordinato figlio Oliviero che gli scarica la figlioletta Papere. Arriva più tardi anche la madre Stella, che ha scelto di militare nei collettivi studenteschi e stabilisce un rapporto difficile e conflittuale con il suocero.
Dopo il bell’esordio con Mignon è partita, Francesca Archibugi abbandona il racconto di formazione (che a tutt’oggi è quello che le riesce meglio, tolta l’eccezione di Lezioni di volo) e mira alto con questo ritratto sentimentale in cui si intrecciano amore e politica, pubblico e privato. E non centra completamente il bersaglio. Se si esclude la più felice analisi del rapporto tra il nonno e la nipotina (ma pur anche gli interventi della domestica e della macellaia), il resto (il conflitto generazionale, il rapporto e la strana attrazione tra Stella e Ludovico) è tutto attraversato da una certa irrisolutezza e da un lieve senso di pesantezza inutile.
Eppure gira bene, sa dove mettere la mdp, dimostra una particolare nel disegno dei personaggi. Efficace invece l’escamotage della lettera che inaugura e chiude il flashback. Un mezzo passo falso, ma, si sa, il secondo film è sempre complicato. Si rifarà. A farne parzialmente le spese, però, è il grande Marcello Mastroianni, delicato e sensibile in una delle prove più autunnali e mature dell’ultimo stralcio della sua luminosa e splendida carriera.
Grande perché fa della leggerezza la propria arma vincente, in un film in cui questa caratteristica è spesso latitante. Memorabile quando sputa con lievità severa l’importante battuta “Il mondo lì fuori non è più grande di questa stanza”. David di Donatello alla Archibugi e all’ottima Zoe Incrocci come miglior attrice non protagonista.
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