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The Survivalist

Regia di Stephen Fingleton vedi scheda film

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La recensione su The Survivalist

di maurizio73
7 stelle

Dramma della sopravvivenza che sviluppa con sorprendente realismo gli elementi psicologici ed una progressione delle relazioni in un mondo dove amore e solidarietà sono bandite e dove la pratica della violenza e della sopraffazione sono diventate una necessità quotidiana che garantisca la possibilità di rivedere con i propri occhi il nuovo giorno.

Sopravvissuto alla terribile crisi demografica mondiale conseguente all'esaurimento dei combustibili fossili, un uomo vive in pieno isolamento all'interno di una foresta dove si è ritagliato l'eremo di una miserevole sussistenza basata sulla coltivazione di poche varietà vegetali. Sempre sul chi va là per difendersi dagli attacchi di altri gruppi umani dediti al cannibalismo, riceve la visita di un'anziana madre in cerca di cibo che è disposta a barattare il corpo della giovane figlia per un pasto ed una notte di riposo. Le cose però prendono una piega del tutto inaspettata.

 

locandina

The Survivalist (2015): locandina

 

Dimostrazione di come un soggetto fanta-horror in salsa apocalittica come questo possa insospettabilmente superare il facile pregiudizio dell'inflazione cinematografica e del dejavù, il film dell'esordiente Stephen Fingleton concentra le sue risorse creative e quelle più limitate del budget nel minimalismo di una messa in scena che agiti lo spettro di una inesorabile involuzione culturale e psicologica, laddove i chiari riferimenti allegorici e letterari riportano agli esempi di una esegesi biblica cara al mondo anglosassone ed al pessimismo antropologico dell'uomo ridotto allo stato naturale immaginato da Thomas Hobbes. Isolato dal mondo per sfuggire alle atrocità di una dieta a base di altri uomini e forse dai rimorsi di una coscienza che ha visto prevalere l'istinto di sopravvivenza sugli affetti familiari, l'adamitico  protagonista del film strappa il miserrimo appezzamento di un minuscolo paradiso terrestre all'inesorabile dominio del regno vegetale, in attesa di una indesiderata Eva che ne solletichi gli istinti riproduttivi e ne garantisca la conservazione della specie. Lungi dall'essere didascalico o schematico, la dialettica di questo dramma della sopravvivenza (con la 'suocera' al posto del classico serpente dalla lingua biforcuta) sviluppa con sorprendente realismo gli elementi psicologici ed una progressione delle relazioni in un mondo dove amore e solidarietà sono mere categorie del pensiero e dove la pratica della violenza e della sopraffazione sono diventate una necessità quotidiana che garantisca la possibilità di rivedere con i propri occhi il nuovo giorno. Dall'eremo ecologista di un egoismo della sussistenza si passa quindi, attraverso le piccole folgorazioni visive di una regia attenta e partecipe, al menage a trois di una reciprocità umana in cui il sesso, la fame, la riconoscenza e la maternità scandiscono altrettante possibili svolte narrative in cui i soggetti meno adatti e necessari finiscono per uscire di scena, forse assecondando anche la facile nemesi di una colpa da espiare agli occhi del mondo (l'uomo reo di aver tradito il fratello, l'anziana donna per aver tradito la fiducia nell'Uomo) non prima di aver assolto ai propri doveri riproduttivi e nutrito una rinnovata speranza per la nascita di una nuova vita. Pur nella sostanziale sobrietà dei dialoghi e dello sviluppo narrativo, il film di Fingleton dimostra una sicura padronanza dei mezzi tecnici (il piano sequenza della singolar tenzone in mezzo ai campi) e la folgorante sensibilità nel suggerire alcuni passaggi con scene di suggestivo valore simbolico (la ragazza che conquista la fiducia dell'uomo convincendolo a farsi radere, le due donne che stringono il corpo dell'uomo malato nel caldo abbraccio di una materna concupiscenza, gli squarci onirici di una dolorosa fuga dalla civiltà) delegando al prevedibile finale le residue possibilità per l'incerto futuro del figlio degli uomini. Protagonisti più che in parte, tra cui si segnala la prestanza da novello Robinson Crusoe per il biondo Martin McCann e la elusiva sensualità di una efebica Mia Goth nel ruolo della giovane Milja. Fingleton (autore e direttore) giustamente premiato al British Independent Film Awards 2015, al Sitges - Catalonian International Film Festival 2015 e al Tribeca Film Festival 2015. Homo homini lupus, foemina foeminae lupior...foemina homini deus est.

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