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Joy

Regia di David O. Russell vedi scheda film

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Will88

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Joy

di Will88
6 stelle

Russell sembra mettere in scena la rivincita del sogno americano sul sogno americano, la rivincita della televisione sulla televisione.

David O. Russell dirige ancora Jennifer Lawrence, Robert De Niro e Bradley Cooper in Joy (Id., 2015), ritratto di Joy Mangano, inventrice del Miracle Mop, un mocio innovativo per la sua praticità e durata. Joy (Jennifer Lawrence) vive in una famiglia “allargata” e per niente affettuosa, al limite del bizzarro: una madre che passa le proprie giornate a letto mentre guarda le sue soap operas preferite, un padre (Robert De Niro) ed un ex marito che, tornati entrambi dopo esperienze fallite, condividono il seminterrato, la sorellastra Peggy (che rinfaccia sempre il matrimonio finito di Joy e che condanna ogni sua scelta), la nonna e i due figli. Mentre conduce la sua vita tra la casa-prigione e il lavoro in aeroporto, Joy non smette di seguire il suo istinto creativo che le permette di creare nuovi oggetti sin dall’infanzia. Un incidente domestico sarà la miccia che le farà realizzare il Miracle Mop, ma i suoi tentativi di vendita falliranno miseramente, tra poliziotti che sequestrano la merce durante una vendita illegale, televendite fallite, brevetti non registrati. La svolta avviene proprio attraverso la vendita del prodotto in televisione: Russell mostra in parte quel mondo, in cui tutto è svolto freneticamente e con regole precise. Quando un venditore “professionista” non riesce a vendere il Miracle Mop e getta Joy vicino alla bancarotta, sarà proprio la protagonista che, consapevole di come solo una donna può far capire l’innovazione portata dal prodotto, entra in scena e riesce a far crescere le vendite. La positività della donna rimane solo in superficie perché, quando tutto sembra andare per il meglio (anche se chi la circonda non le dà la minima fiducia), Joy scopre che i suoi disegni sono stati rubati e che il brevetto non le appartiene. Il mondo frenetico e spietato della televisione, capace in pochi secondi di creare miti o di distruggere vite, lavora in parallelo con quello dell’industria, nel quale il sogno di un’opportunità di vita migliore per tutti si frantuma contro gli interessi delle grandi industrie, spietate contro i “pesci piccoli”, capaci di ricavare il massimo da idee rubate e da cavilli burocratici. Il mondo sognante della televisione, un’immagine patinata come quella delle soap opera, si infrange contro il mondo reale. «Il mondo non ti dà opportunità. Il mondo distrugge le tue opportunità e ti spezza il cuore. Dovevo ascoltare mia madre da quando avevo dieci anni, avrei dovuto passare la mia vita a guardare la TV e a fuggire dal mondo come mia madre». Nel punto più basso della storia, quando Joy firma la dichiarazione di fallimento, capirà che esiste un modo per uscire dalla propria crisi: un colpo di fucile, un taglio di capelli ed un viaggio a Dallas trasformano la ragazza-Cenerentola che teneva in ordine la casa (unica “normale” all’interno di una famiglia che non la capisce e che, anzi, la sminuisce e la delude) in una donna d’affari determinata, una venditrice importante che riparte dalla propria invenzione per costruirsi una carriera nello stesso mondo che l’ha delusa e tradita. La televisione diventa per l’ennesima volta trampolino di lancio, con canali dedicati esclusivamente al commercio, alle vendite promozionali, alla ricerca dei quindici minuti di celebrità che spettano ad ognuno, falsa idea di uguaglianza che nasconde protagonismo. Jennifer Lawrence rende molto bene le fasi dell’avventura (vera) di Joy Mangano, sempre in equilibrio tra speranza e frustrazione, tra gioie e perdite, tra delusione e rivincita. Come in una favola, la servetta Cenerentola diventa principessa, una principessa moderna che prende in mano la propria vita e la conduce attraverso le sue scelte, costruendosi un futuro migliore. Nevica sulla protagonista, ma è una neve finta, frutto di un’ambientazione fiabesca, la stessa delle soap opera e delle televendite. Russell sembra mettere in scena la rivincita del sogno americano sul sogno americano, la rivincita della televisione sulla televisione. La piccola inventrice Joy lascia il posto alla Joy venditrice adulta che, pur con una patina di “nuova compassione” verso chi le propone nuove idee (memore del suo passato), ha intrapreso la strada del business piuttosto che dell’innovazione come bene comune. Una favola che, degna dei più classici dei lieto fine, ritorna con un riferimento circolare all’inizio del film, alle creazioni d’infanzia, chiuse ma conservate in uno scatolone. Il regista mostra una favola moderna ed aiuta Jennifer Lawrence a gestire in maniera apprezzabile il ruolo, ma lascia troppo in disparte le varie sfaccettature del mondo della televisione, solamente abbozzate, attraverso rimandi quasi onirici, in cui Joy si immerge come una bambina che vede realizzare i propri sogni, che si meraviglia nel vedere i personaggi delle soap tanto cari a sua madre e, di conseguenza, alla sua famiglia. Russell ci immerge in un viaggio dell’eroe che porta al lieto fine sperato, dimenticando per strada alcuni approfondimenti tematici che avrebbero meritato più attenzione.

 

Jennifer Lawrence, Diane Ladd

Joy (2015): Jennifer Lawrence, Diane Ladd

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