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Snowden

Regia di Oliver Stone vedi scheda film

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La recensione su Snowden

di lamettrie
10 stelle

Un capolavoro della contemporaneità. Stone mostra bene i lati non solo pericolosi, ma ormai già devastanti, da ieri e oggi, dell’informatica al servizio del grande potere economico. Questo potere capitalistico è la prima causa dei tantissimi mali attuali dell’umanità; e si serve in modo perfetto del controllo offertogli dall’informatica, che infatti nutre con ogni dovizia. Snowden eccelle in un lavoro che però umanamente distrugge: l’epilessia è solo il sintomo più grave di una scelta di vita che non può uscire da depressione, tristezza, da un’ansia ai limiti dell’incurabile. Splendida è la storia d’amore, che fa capire che è quella una vita invivibile; soprattutto, splendido, e realistico (anche se poco percorso), è il messaggio di liberazione: che esiste un’alternativa, se ne può uscire sempre. La arendtiana banalità del male viene sempre utile: ieri i nazisti, oggi gli americani (come i loro nemici del resto, russi o cinesi...). I nazisti hanno avuto anche basi ideologiche ancor più raccapriccianti, le più raccapriccianti di sempre, ma americani e i loro nemici non hanno fatto realmente di meglio, se si guarda ai numeri degli innocenti che hanno sacrificato al proprio imperialismo criminale. Non c’è infine mai un buon motivo, neanche montagne di soldi e potere, per rendersi complici e autori coscienti di un grande male fatto pagare sulla pelle di altri, indipendentemente che siano uno, poche decine o milioni. Il film mostra bene il controllo totalizzante che l’informatica permette a chi ha i maggiori mezzi economici per sfruttarla meglio. Inoltre sottolinea il tema gravissimo e attualissimo della menzogna assoluta come modalità di comunicazione, tipico dei mass media capitalistici, che da oltre un secolo hanno sostituito, in modo purtroppo ancor più efficace e negativo, i tradizionali strumenti del consenso a un potere iniquo. La sceneggiatura non usa giri di parole: «il terrorismo è una scusa»; il vero obiettivo è il controllo economico sul mondo intero, che ha come conseguenza l’offesa, anche gravissima, dei diritti delle nazioni assoggettate politicamente in modo nascosto, al fine di assoggettarle economicamente, il che è il vero obiettivo. La grave attualità consiste anche in questa verità: dagli anni’70 (è quindi un’evidenza così datata che dovrebbe apparire su tutti i manuali di storia, se questi potessero dire tutta la verità, senza il controllo ferreo di quegli stessi governi che attuano proprio quell’iniquo controllo informatico): i mezzi informatici permettono un controllo totale. Ormai non servono le armi: per prevenire ogni opposizione basta questo, che dà un vantaggio imbattibile, rispetto a una concorrenza che non ha un potere di previsione così efficace, per quanto inaccettabilmente illegale. Meno morti, meno contestazioni: è una violenza sfuggente ma ben più efficiente, sulla lunga durata perché (ma solo in apparenza!) permette meno riferimenti diretti alle vittime. Splendido è il personaggio interpretato da Rhys Ifans, il capo di Snowden, specialmente in quella scena in cui colloquia con lui ma appare in modo gigantesco, schiacciante e soffocante sullo schermo, con aria laida e fredda. La sua ambiguità non riesce a mascherare fino in fondo la necessità della menzogna di stato che teorizza apertamente (e che molti hanno teorizzato e praticato, e milioni di elettori addirittura giustificano ancora!): «se dopo 60 anni non c’è ancora stata la terza guerra mondiale, è perché l’America fa il bene di tutti». Nelle immagini fatte scorrere, Stone fa invece capire benissimo che l’America ora (lì in Afghanistan) ammazza coi droni, uccidendo anche tanti innocenti coinvolti per caso; con il partecipare raccapricciante della soddisfazione di quei tecnici, come se avessero vinto una partita ai videogame (videogame che del resto hanno creato il fetido retroterra culturale utile per giustificare la normalità della violenza: un altro colpo da maestro del capitalismo assassino, che così educa ad assassinare). Il succo è questo: non si può dire, agli altri ma soprattutto a se stessi, di non sapere. Se si vuole essere persone felici, non si può collaborare, né essere i primi strumenti di questo male. Anche se questa è la strada più sicura per avere soldi. È una giostra da cui non si può scendere: altrimenti ti ammazzano. Infatti usano la macchina della verità per capire questo: se, mentre si affermano come vere quelle che on realtà sono menzogne di stato, si riesce a dirle senza il minimo indugio; altrimenti la fedeltà (nell’accezione deleteria della Nato, come di ognuno dei tanti poteri totalitari) viene messa in dubbio, e la carriera viene così notevolmente compromessa. Ma vale ancora di più la lezione già citata della fidanzata di Snowden: un’alternativa c’è sempre, e bisogna uscire da quella stretta mortale. Ma è a monte che davvero tale scelta va fatta: con un’educazione che faccia in verità capire che non bisogna mai neanche iniziarla, quella collaborazione. Proprio quell’educazione morale che il capitalismo ha contributo a spegnere, come mai nessuno aveva fatto sinora. E in quel mondo la classe dirigente, fatta di teste notevoli, decisamente sopra la media, e che s’impegnano parecchio (non certo fatta da criminali da strada), i rapporti sono gelidi, falsi, disumanizzanti: sono tutti aspetti che si possono evitare, se la loro pericolosità viene fatta conoscere in anticipo, ovvero durante e non oltre l’adolescenza. Il film è molto accattivante, anche per il ricorso alla tecnologia: è tutta realtà, non è fantascienza. A differenza delle solite pellicole che usano la tecnologia come mezzo attraente (fanno sentire meno sfortunato lo spettatore, se lo fanno illudere di essere partecipe degli esiti più aggiornati della modernità ricca), questo documentario (perché di fatto di documentario si tratta, date le fonti), ha il grandissimo merito di vedere la tecnologia informatica per quello che è, che è diventato, e che già si sapeva benissimo 40 anni fa, ai suoi esordi, che purtroppo poteva diventare: un mezzo di violenza inaudita, e decisivo. La luce critica è degna del miglior cinema d’intelligente denuncia, di cui Stone è maestro da 30 anni suonati: la tecnologia informatica ha dei pregi, ma i difetti sono molto di più. Senza il controllo politico, basato sul libero e trasparente dibattito democratico, che garantisce valori morali ispirati ai diritti umani, il progresso va provvisoriamente fermato. Fino a che se ne trovano degli esiti “sostenibili”: ovvero quelli che promuovono la maggior felicità di tutti, senza ledere i diritti di nessuno. Questo film è un classico di storia contemporanea anche perché denuncia ciò che è già successo, e non doveva accadere: la classe dirigente più importante al mondo, quella statunitense e capitalista in generale, attua le peggiori efferatezze anche grazie a meccanismi di controllo falsificante dell’opinione pubblica. Stone ha il coraggio di denunciare le menzogne del partito democratico americano, e indirettamente di tutti i partiti che si chiamano democratici nel mondo, e che in realtà tradiscono a ogni piè sospinto il titolo di democratici: grazie alla falsificazione grave e consapevole così i politici si riducono a interessati e utili servi di poche grandissime multinazionali, e dei loro reato abituali, degni delle tradizionali associazioni criminali. È un grande appello corale: al giornalismo, prima (tra le pochissime) leva di libertà, obbligo per la società democratica. Ma ci vogliono grandi valori morali, altrimenti si è utili servitori, come sono la stragrande maggioranza dei giornalisti che hanno fatto una carriera invidiabile agli occhi dei propri colleghi. Il film dura due ore, ma ha un crescendo serrato, ed è perfetto in tutti i termini tecnici. Non solo nella recitazione, nelle ambientazioni, ma anche nella colonna sonora.

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