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Velluto blu

Regia di David Lynch vedi scheda film

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La recensione su Velluto blu

di lino99
8 stelle

Un thriller di Lynch intrigante e da rivedere

Lumberton è una città all’apparenza tranquilla e ridente, ma il giovane Jeffrey scoprirà che “è uno strano mondo”, dato che dietro ad un’affascinante e graziosa cantante, Dorothy Vallens e dietro alla sua soave voce che allieta le serate del locale “Slow Club” con la canzone “Blue Velvet” si nasconde una triste verità, un mondo notturno che non dovrebbe esistere, delle persone cattive, senza pietà ed egoiste, pronte a rompere l’innocenza. La strana avventura del protagonista comincia dal ritrovamento di un orecchio in mezzo all’erba, e già qui si può notare che di certo non è abituato ad un macabro spettacolo, lo considera già come un avvento del caos, tanto da sentire subito il bisogno di portarlo alla polizia. Ma se da una parte è spaventato, intimorito, dall’altra è curioso ed è catturato dal vortice della morbosità, del proibito, immischiandosi in un caso che non lo riguarda, ma che non può fare a meno di scoprire e seguire. La pellicola è un mix tra l’infanzia del regista e sceneggiatore, il grande David Lynch, nei boschi di Spokane, che si può notare per esempio dal legname e dalle inquadrature con la staccionata e le rose, e un’idea che propose al produttore Richard Roth: spiare una donna nella sua stanza e magari scoprire degli indizi di un omicidio, che però si consolidò solo con la libertà che gli concesse Dino de Laurentiis, con un budget di 6 milioni, e che diede vita all’inizio a ben 4 ore di durata, ridotte a 2, con le restanti archiviate, prima perse, ma poi nel 2011 sono stati ritrovati 50 minuti dall’archivista e restauratore Darren Gross (si possono trovare nei contenuti speciali del bluray). La pellicola, nonostante lo scalpore per l’erotismo perverso, tanto che l’allora direttore del Festival di Venezia le impedì di partecipare, si aggiudicò numerosi premi, soprattutto per la “cantante” Isabella Rossellini, figlia di Ingrid Bergman e Roberto Rossellini e fidanzata di Lynch, dall’86 al ’90; Dennis Hopper, che interpreta Frank Booth, il pervertito e sadico cattivo dalla doppia personalità, che fa davvero paura per la sua instabilità, perfetto per il ruolo e sempre con una bombola di gas che aspira attraverso una mascherina; e infine Lynch, candidato anche agli oscar come miglior regista, a mio parere soprattutto per quelle inquadrature ravvicinate dell’erba, degli insetti e dell’orecchio, garanti del tipico simbolismo del regista: gli insetti nascosti nell’erba potrebbero indicare il male, lo schifo che si cela nella quiete e l’orecchio l’entrata in questo mondo sporco. Affascinante la dolce colonna sonora di Angelo Badalamenti e il singolo "Blue Velvet" di Bobby Vinton, che si ripete molte volte. Pur rimanendo misterioso e da decifrare, il film non rappresenta la massima visionarietà dell’autore, vista in “Eraserhead” e “Mulholland Drive”, ma rimane un ottimo thriller, che intriga, incuriosisce ed inganna anche, dato che dall’inizio potrebbe sembrare un classico giallo, quando invece è molto personale e da rivedere per cogliere tutti i particolari, gli atteggiamenti dei protagonisti e il sottile confine tra il bene e l’ordine e il male e il disordine. Comunque la pubblicità della birra Lynch se la poteva risparmiare.

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