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Il club

Regia di Pablo Larrain vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il club

di obyone
8 stelle

 

scena

Il club (2015): scena

 

Santa Romana Chiesa ha imparato a nascondere le mele marce, togliendole dal cesto in cui sono stati inficiati la bellezza ed il sapore dei frutti di Dio, riponendole, invero, in luoghi isolati ma non così lontani dalla vista dei propri fedeli, perché un conto è togliere la luce dall'esistenza, un conto è lasciare che la luce filtri dalle finestre socchiuse, affinché una parvenza di normalità allontani il sospetto di qualsiasi forma di amoralità, rischiarando sommessamente una presenza abilmente celata.

La chiesa cilena ha imparato a rinchiudere i propri preti, deviati dall'ortodossia, tra le mura di case accoglienti, scrigni di una vita ritirata di preghiera e fede. Nella casa sul mare vivono, ai lembi della comunità, una suora e quattro preti. Suor Mónica indossa le vesti della carceriera e della perpetua. Si accerta che i preti non lascino la casa, non sprechino tempo sotto la doccia indulgendo nell'autoerotismo, rispettino le regole della convivialità, preghino il signore, accentrando su di sé quel potere speciale che la pone, lei donna, in una posizione di superiorità verso loro, uomini, da sempre privilegiati dalla religione cristiana. Suor Mónica, ex suora, ed ex madre affidataria, dalla mano veloce e pesante, ha sempre desiderato esercitare il controllo e veder scorrere tra le mani il potere riservato ai maschi. Padre Vidal si è guadagnato la casa dall'intonaco giallo perché omosessuale e per giunta pedofilo, perché gli risultava più facile convincere un bambino a regalargli l'amore. Padre Ortega è stato scoperto a vendere i bambini delle favelas a coppie di ricchi e facoltosi borghesi senza figli, senza il consenso delle madri biologiche. Padre Silva ha assolto, in confessione, i crimini più orrendi, nel suo ruolo di cappellano militare. Conserva nella memoria tanti scomodi segreti che potrebbero esporre clero e membri del regime, se svelati, alla gogna mediatica, compromettendo quel po' di equilibrio faticosamente costruito intorno alla chiesa durante la democrazia costituitasi a Santiago nel dopo Pinochet. L'anziano Padre Ramírez, infine, è rinchiuso in quella casa da così tanti lustri che nemmeno ricorda il motivo. Ma non c'è di che stupirsi visto che spesso non ricorda il proprio nome mentre il dossier che lo riguarda è sparito per evitare gli imbarazzi di una così lunga prigionia.

 

Alfredo Castro

Il club (2015): Alfredo Castro

 

La fragile armonia che avvolge il rifugio viene scossa dall'arrivo di un sesto ospite, Padre Lazcano, che, inconsapevolmente, si tira dietro da Santiago un parrocchiano logorroico, le attenzioni sgradite della polizia ed infine quelle ancor più moleste dei vertici della chiesa che inviano sul luogo Padre García, intellettuale che appartiene a quell'ordine di impiccioni che è la compagnia di S. Ignazio di Loyola, croce e delizia della cristianità.

Pablo Larrain usa il contagocce per farci ingoiare la purga. La medicina è disgustosa e a scoprirlo pian piano è il giovane e colto padre psicologo che ha il dovere di intrattenere degli scambi verbali con ciascun ospite della casa per stabilire le responsabilità dei fatti accaduti all'arrivo di Lazcano, che le gerarchie ecclesiali avevano mandato in quel luogo di resipiscenza per ripudiare, in silenzio, il proprio peccato. Ma il vero compito del gesuita non è quello di mettere luce piuttosto quello di chiudere porte e finestre e calare l'oscurità sulla casa, un progetto radicale di pulizia che i membri del "club" non possono accettare e che porta a reazioni violente e feroci, rintuzzate da astuzia e sagacia di pari valore.

Larrain lascia García macerare nell'omertà dei religiosi concedendo a lui, e a noi, mezze verità, allusioni e indiscrezioni che, schiarendoci man mano le idee sui peccati nascosti nella dimora dalle mura gialle, rendono nitido un quadro senza contorni iniziali. Un quadro illuminato in maniera esemplare dai bagliori naturali del tramonto e dell'alba che, inondando i corpi e i visi dei protagonisti, restituiscono nere silhouette dai margini indefiniti come il passato nascosto nei cuori dei reclusi. Larrain ed il fido direttore della fotografia Sergio Armstrong sfruttano ripetutamente la luce che irrora i riquadri penetrando la scena da dietro le spalle dei personaggi. L'effetto ottico è accecante. I contorni dei volti sono risucchiati da un buco nero che ne riduce le proporzioni. Le inquadrature contro luce sono la norma sia che Vidal e gli altri siano fuori casa, in prossimità della spiaggia o sul promontorio ad osservare le corse del cane, sia che essi siano comodamente seduti davanti all'inquisitore con una finestra dietro la schiena.

 

Alfredo Castro

Il club (2015): Alfredo Castro

 

La luce deformando volti e corpi ci racconta di un universo nebuloso ove bene e male sono mescolati e non c'è modo di raccontare un'univoca verità. L'impossibilità di arrivare ad una verità riflette l'impotenza della giustizia che non è riuscita, salvo pochi casi, a pretendere il giusto risarcimento di una condotta morale esecrabile in un paese, spesso, complice della dittatura politica e religiosa. Il regista non cade nella trappola di una rappresentazione semplificata dei personaggi e concede loro la possibilità della difesa personale, come in ogni tribunale che si rispetti, financo garantendo la possibilità di auto-assoluzione. Vidal appare persino simpatico nel cercare il dialogo con i giovani surfisti, umano nel redarguire con astio la suora assassina, triste e sconsolato nell'evocare il desiderio di una sessualità osteggiata a priori dalla propria scelta di vita. Si pensa che i segreti di Silva stiano meglio sepolti nella sua memoria per consentire al paese di voltare finalmente pagina e ci si trova a pensare che quei bambini portati via alle loro madri avrebbero fatto una ben misera vita, sarebbero cresciuti analfabeti e ritrovati in un fosso, non ancora adulti, con una pallottola nella schiena o un ago nella vena. Mentre i dubbi sull'operato degli uomini si insinuano e si scopre la mancanza di una giustizia laica nel Cile di Pablo Larrain, quella riconosciuta da autorità statali competenti, si sviluppa in seno alla piccola comunità una giustizia del compromesso, nell'imprevedibile finale, a cui il gesuita, simbolo di un rinnovato modo di pensare, ricorre per evitare scandali e ottenere, soprattutto, la vera espiazione dei peccati rimasti impuniti, che non è una casa comoda ed isolata retta da litanie e vuote preghiere ma la convivenza costante del frutto marcio del peccato con l'uomo che, con la sua azione, l'ha prodotto. Non c'è nulla di più subdolo che ricordare ai peccatori i propri misfatti, giorno dopo giorno, ora dopo ora, minuto dopo minuto. La redenzione, quella vera, passa attraverso la purificazione ininterrotta dell'anima e solo il bene arrecato al bisognoso, al viandante, al senza tetto rende beati i cuori e candide le anime.

L'astuta vendetta di Larrain è la giustizia che grida forte nella coscienza accompagnando il colpevole fino alla fine dei suoi giorni.

 

RaiPlay

 

Antonia Zegers

Il club (2015): Antonia Zegers

 

 

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