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Il club

Regia di Pablo Larrain vedi scheda film

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La recensione su Il club

di barabbovich
9 stelle

L'agnello di Dio che toglie i peccati del mondo ha la fisionomia di un uomo senza dimora che si fa chiamare Sandokan (Farías), abusato per anni da preti pedofili, che va a ripetere la stessa nenia arricchita da dettagli agghiaccianti sotto la casa di penitenza cilena dove risiedono quattro preti con passato di pedofilia e una cinica perpetua (Zegers), tutti con la passione per le corse clandestine dei cani. Quando nella casa arriva un altro ospite (Soza), calamita inconsapevole dell'uomo che urla il suo terribile passato sotto le finestre della dimora dove comodamente stazionano quei quattro laidi, si sparigliano le carte. L'uomo si suicida e dal Vaticano viene inviato un altro prete con il compito di capire cosa sia successo.
Dopo il notevole I giorni dell'arcobaleno, il cileno Pablo Larrain firma un film superlativo, un capolavoro sconvolgente, un atto d'accusa contro la Chiesa che non ammette sconti e che restituisce la devastante potenza di quelle mostruosità soltanto attraverso i corruccianti dettagli delle parole di Sandokan. In un'atmosfera plumbea e inquietante, che enfatizza con riprese flou la torbida ambiguità dei quattro preti a riposo coatto, prende corpo una forma di macelleria spirituale messa in atto da questi uomini che, nel nome di Dio, si sono macchiati di crimini indicibili. Li accomuna l'omertà più pervicace, anche davanti alle incalzantI domande del prete arrivato da Roma, sottolineate dalle inquadrature in primo piano che rendono palpabile l'imperturbabilità tetragona di tre dei quattro (uno è sulla strada della demenza). Ma è tutto il cast a essere ottimamente assortito, servito peraltro da dialoghi superbi e dalle musiche celestiali di Arvo Pärt, con le tante variazioni - guarda caso - di un brano intitolato Fratres.

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