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The Invitation

Regia di Karyn Kusama vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su The Invitation

di alan smithee
7 stelle

Diretto a malavoglia ad una cena presso l'ex consorte,un giovane uomo si convince che qualcosa di terribile sia stato pianificato ai danni suoi e degli altri ignari commensali: frustrazioni da dolori inaccettabili o percezioni istintive che salvano la vita? Ottimo thriller sadico che gioca con la suspence senza prendere troppo in giro lo spettatore

A volte si farebbe bene a restare a casa....

ma altre volte, ricevuti certi inviti, bisogna rassegnarsi, sacrificarsi e mettercela tutta per rendersi diplomatici e partecipare. Potete immaginare la voglia che ha Will di andare a cena dalla ex moglie, tornata ad abitare la loro scenografica villa matrimoniale, dopo che la magione fu abbandonata da entrambi in seguito alla morte del loro figlio bambino.

Ora la donna ha fatto ritorno, si presenta con un nuovo compagno, e desidera riunire a cena Will, la sua nuova compagna ed alcuni cari amici di un tempo.

Impossibilitata a dire di no, la coppia protagonista si avvia mestamente e con consapevole rassegnazione all'appuntamento; e se già qualcosa va storto già durante il tragitto, quello che accade in quel momento non è nulla è al confronto di quanto succederà nelle poche ore successive nella villa dell'incontro: e tutto questo si rivelerà a sua volta e nonostante tutto minimale, rispetto allo scenario che il film configura nel suo pazzesco (ma non troppo assurdo, anzi coerente) finale.

The invitation è un film furbo, certamente: mette in tavola le carte e poi le rigira abilmente e con grande effetto scenico, offrendo uno spettacolo che non può non attirare, suscitare una curiosità morbosa, incalzarci a cercare di capire cosa esattamente stia per succedere, ammesso che qualcosa stia davvero per accadere o tutto non sia frutto dell'immaginazione malata e fuorviata del nostro protagonista, ancora fortemente scosso da un lutto familiare che difficilmente chiunque riescirebbe nei suoi panni a superare in modo definitivo.

Karyn Kusama, regista statunitense di evidenti origini orientali, si è fatta notare e si è specializzata negli anni in storie di donne, spesso forti, quasi sempre indipendenti o desiderose di esserlo: escludendo Girlfight, che non ho ancora visto, né Aeon Flux né Jennifer's Body sono riusciti a segnalarsi, a mio modo di vedere, per evidenti ed incontestabili meriti artistici, ma al massimo si sono distinti per una certa eccentricità barocca di fondo che li caratterizzava.

Con The invitation la regista si concentra sulla storia, sull'incastro, e sforna la sua opera fino ad ora migliore e più forte.

Si perché The invitation può turbare, essere facile oggetto di critiche per la spregiudicatezza dei temi affrontati e per la furbizia con cui la vicenda viene condotta, puntando, come in effetti fa, l'acceleratore sull'effetto sorpresa, sulla suspence resa palpabile da un incastro in cui lo spettatore è costretto a dividersi su due fronti opposti: chi crede al complotto ipotizzato dal protagonista, chi si convince della labilità della psiche di quest'ultimo.

Ma in fondo sappiamo per certo, anche senza volerlo ammettere, che qualcosa di diabolico è stato davvero architettato e ci predisponiamo, possibilisti e incalzati dalla sana suspence che la sceneggiatura calibrata ed attenta sa creare, a conoscere le caratteristiche più macabre ed inconfessabili del complotto.

In questo senso il film ha l'ulteriore pregio di non prenderci troppo in giro, o, se lo fa, di agire con gran classe, senza farcene rendere conto in modo eccessivamente smaccato.

La regia prudente sceglie anche, con diligenza ed ironico senso di politically correct, chi deve farcela e chi meno (prendetela così, di più non si può proprio dire, ma chi vedrà capirà...) e il senso dell'apocalisse si impadronirà anche di chi si fa bello di avere capito tutto dall'inizio: il film in realtà non ci svia mai verso altre soluzioni che non siano il dubbio di cui sopra.

Dal lato cast non possiamo che lodare un attore ancor troppo poco conosciuto, ma già positivamente notato altrove: Logan Marshall-Green si rivela un gran protagonista, tormentato e sconvolto ancor più per il dolore già vissuto, che per l'incredibile incastro in cui è destinato a venir avviluppato; la sua ex moglie è interpretata da una poco nota, ma notevole Tammy Blanchard, perfetta (ed altamente inquietante fasciata com'e' nell'ambito lungo chiaro a tubino che la avvolge come una madonna) nel rendere la follia che si è impadronita di un individuo distrutto dal dolore, e reso vulnerabile da qualunque attacco esteriore in grado di plagiarla e trasformarla in un'arma mortale.

Non è un mistero neppure di quanto sia bravo a sostenere ruoli controversi e da folle psicopatico il corpulento e taurino John Carroll Lynch, qui decisamente vicino a divenire la quintessenza della malvagità fine a se stessa.

E dunque The Invitation, soprattutto se inteso per quello che onestamente dovrebbe essere, ovvero un prodotto di puro, tenace e sin sconvolgente intrattenimento, riesce a mio avviso molto bene a far trascorrere allo spettatore che ci si dedica, circa 100 minuti di sana, adrenalinica attrazione verso di sè: se ci pensate bene, e vi guardate attorno, specie verso ciò che viene proiettato in sala ultimamente, questo è un traguardo per nulla scontato e frequente, nemmeno tra i film di genere. 

 

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