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Il condominio dei cuori infranti

Regia di Samuel Benchetrit vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il condominio dei cuori infranti

di viacristallini99
7 stelle

Il ghetto ha sempre due facce, una esterna, vista cioè da lontano, nel suo complesso densa di desolanti contorni, ed una interna che, in una visione ravvicinata, esprime spesso i valori migliori dell’umanità.

Le banlieue parigine non sono molto dissimili dalle periferie napoletane.   Il ghetto ha sempre due facce, una esterna, vista cioè da lontano, nel suo complesso densa di desolanti contorni, ed una interna che, in una visione ravvicinata, esprime spesso i valori migliori dell’umanità.   Eppure, in nessun caso, un astronauta potrebbe atterrare su un tetto napoletano senza suscitare una calorosa e travolgente animazione.  Ogni pubblico avvenimento, da noi, si trasforma in festa e folclore.  Non possiamo far nostra questa storia senza riconoscere, quindi, che essa appartiene ad un mondo diverso.   Un mondo in cui la solitudine è rassegnazione e rifiuto delle facili illusioni del “pensa a campà”.   Ma la vita ha voglia di continuare e, così, spesso, l’imprevisto positivo dà una spallata alla disperazione.  Che venga dall’alto (l’astronauta che precipita sul tetto e bussa alla porta di una donna anziana portandole il calore di un amore filiale) o dalla porta accanto (un incredibile poco più che adolescente che rimuove con il cucchiaino l’apatia della depressa vicina) o da un incontro per caso (un quasi paralitico ed una lunatica infermiera si attraggono quasi senza parlare e si abbandonano ad un reciproco sostegno), la vita può riservare, quando tutto sembra perduto, un’ultima chance.  Perdere questa chance per colpa della diffidenza o ritrosia o vergogna di ammettere le proprie debolezze; oppure conquistarla per un residuo senso di fiducia o perché l’amore dell’altro è più forte della propria indifferenza. Dunque, non solo fortuna o benevolenza divina che dir si voglia, ma anche e soprattutto capacità di aggrapparsi alla corda che ti viene tesa. E, così, l’amore materno dell’anziana donna araba vince sulla voglia dell’astronauta americano di ritornare alla propria vita.  Quella pausa gli farà conoscere le semplici abitudini dell’accoglienza;  una cultura diversa ed il calore di una mamma.   Un’attrice, ombra inconsolabile di un discreto successo ormai passato, vegeta tra le quattro mura di casa prostrandosi in un abbraccio ideale su decine di scatoloni che custodiscono,  quale macabro cimelio, le cassette polverose dei films che la resero famosa.  Questa immagine di prostrazione appare sovente agli occhi del suo giovane vicino che , spesso, la scorge accasciata fuori l’uscio di casa per aver dimenticato la chiave.   Cosa spinge il giovane a prendersi cura di questa stravagante vicina a metà strada tra un’anziana ed una donna matura ancora piacente?  Il bisogno di una madre, visto che la propria è sempre assente, oppure la semplice attrazione di una sensualità non completamente spenta?  E, qui, entra in gioco il ruolo dell’attrice.  Non parlo del personaggio del film ma di Isabelle Huppert.   Attrice dal fascino incontaminato dal tempo.  Anzi, si può dire che il tempo gioca a suo favore perché più scorre e più stupisce la capacità di questa attrice di turbare gli animi maschili di ogni età.  Specialista, ormai,  di un genere del tutto personale, rappresenta quel tipo di seduzione peccaminosa e pericolosa a cui è “igienico” sottrarsi finché si è in tempo.  E’ come il canto delle sirene dal quale ci si salva solo non ascoltando.  Per fortuna, il giovane vicino non è Ulisse ma è figlio del suo tempo. Egli non scivola su un piano sentimentale ma, avvezzo ad un pragmatismo che gli viene da una vita vissuta in piena autonomia,  propone alla donna di rivedere insieme i film del passato.  Scopre, così, di essere al cospetto di un’attrice vera e di grande talento.  Il giudizio del giovane la spinge a riconsiderare le proprie attitudini per ruoli non più consoni alla propria età ed a ristrutturarsi in personaggi diversi da proporre al proprio produttore.  Una volta risollevatasi e ritornata ad una vita attiva, il film non lascia intravedere alcuna evoluzione nel suo rapporto con il giovane vicino. 

L’incontro tra il paralitico e l’infermiera è forse la parte più delicata e poetica del film. Il regista esprime la disperazione profonda dell’uomo con immagini crude e ripetute al ritmo incalzante di un racconto che deve pur avere un epilogo.  Quella lotta per la sopravvivenza (un uomo solo impedito anche nelle funzioni principali dell’esistenza)  potrebbe sfociare in ribellione, vendetta, follia.  Nell’attesa di un simile evento,  il film scorre con ritmo vivace a dispetto dell’angoscia che quel luogo e quella situazione possano evocare.  Anche nell’incontro con l’infermiera corrono poche parole e la rappresentazione è affidata quasi esclusivamente alle immagini.   Anche in tal caso, però, il film non ne perde in ritmo:  tutta la storia si svolge con la dinamica di un colloquio fatto di sguardi e trasmigrazioni telepatiche tra i due, atto a trasmettere, ciononostante, la sensazione di un potere di reciproco sostegno al quale potersi abbandonare;  lui, trova la forza di alzarsi dalla sedia a rotelle mentre l’altra, al suo cospetto, sente nascere la speranza di evadere dai rimpianti ed avviarsi a nuova vita.    L’interpretazione di Valeria Bruni Tedeschi è fondamentale.  Anch’ella è interprete di un personaggio tutto suo, che si è costruito fin dal suo primo apparire sugli schermi cinematografici:  una donna bella e sognatrice che sa ascoltare ma  le cui risposte sembrano essere sempre sospese tra terra e cielo.

Un film valido anche se costruito su delle storie banalizzate da una morale scontata e di facile presa (anche poco significativa e forse inopportuna la scelta di un astronauta che cade dal cielo).   Bella invece la recitazione e la creazione dei personaggi.  Buono il ritmo anche se, nella parte centrale e specie per quanto riguarda la storia dell’astronauta, esso si perde e porta a cali notevoli di concentrazione. 

A cosa si può accostare questo film?  Per l’ambientazione,  a “L’imbalsamatore” di Garrone. Per i dialoghi, non sembra figlio della cinematografia francese degli ultimi tempi. Genere: commedia noir a lieto fine ma non troppo.

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