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Monster

Regia di Jennifer Kent vedi scheda film

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La recensione su Monster

di mck
7 stelle

Mommy! I killed a monster for you!

La madre di "Monster" instaura con le proprie paure - esponendo a scudo e lancia, nel pre-finale, "per chissà quale avvenire, il suo presente di seni enormi" (e il suo (eterno, proiettato) cesareo fresco) - nei confronti del male oscuro quasi lo stesso rapporto presente infine in "Babadook": quel "quasi" salva "Monster", l'opera minore di partenza, dal destino precariamente irrisolto che pervade "Babadook", l'opera maggiore d'approdo.  

 

Era il male oscuro di cui le storie e le leggi e le universe discipline delle gran cattedre persistono a dover ignorare le cause, i modi: e lo si porta dentro di sé per tutto il fulgorato scoscendere d’una vita, più greve ogni giorno, immedicato.

Carlo Emilio Gadda - "la Cognizione del Dolore" (1938-1941) 1963 [in esergo a "il Male Oscuro" di G.Berto]  

 

I 9 minuti del cortometraggio d'esordio del 2005 di Jennifer Kent, “Monster” [* * * ½], con Susan Prior, valgono il lungometraggio di 9 anni dopo, “BabaDook” [* * ¾]. E ciò è tanto un merito del corto quanto un demerito del lungo.  

 

...non si capisce se il passo ultimo sarà di sconfitta o di vittoria, è durata sessant’anni e quattro mesi per non dire di più, e in verità si potrebbe senza sforzo alcuno includervi anche il periodo prenatale, ossia quello da me trascorso nell’alvo materno, ammettendo, e non è poi un’idea tanto fessa, che in quell’ambiente esistesse una sia pure sfortunata opposizione al mio destino di venire al mondo, e questo non nel senso riflesso, cioè che padre e madre non desiderassero la mia apparizione, ché anzi dopo di me nell’intento di avere un altro figlio maschio sfornarono felicemente ben cinque figlie femmine senza tenere conto di alcuni inframmezzati aborti del tutto involontari, sicché, non potendo essi prevedere gli scarsi contenti che ne avrebbero ricavato, non è concepibile una loro avversione alla nascita del primogenito...

Giuseppe Berto - "il Male Oscuro" - 1964  

 

"Monster" è tutto ciò che "Babadook" non riesce e non può (più) essere, appesantito e ingolfato qual è e com'è da sovrastrutture e compromessi, e da malassortite e malaccorte aggiunte consapevoli e conseguenti rinunce (in?)volontarie.   

 

Ciò che mi opprime non si può curare: è la mia croce e devo portarla, ma Dio sa quanto si è incurvata la mia schiena per lo sforzo.

Sigmund Freud, da una una lettera del 1900 [in esergo a "il Male Oscuro" di G.Berto] 

 

"Babadook", raggiunti apice ed acme, urla la propria sconfitta durante un triste sterile orgasmo epifanico: la morale imbastita da Jennifer Kent così recita: non si può uccidere - una volta desunta la sua natura - il male oscuro, si può solo continuare a conviverci sfamandolo dandogl'in pasto le briciole del proprio amore (latte e biscotti o larve e vermi, a scelta e a piacere).

 

...mentre le mamme degli altri bambini che avevano il padre che faceva il ferroviere o il muratore o il rappresentante di commercio restavano sempre a casa, la mia doveva andare in bottega e due volte la settimana anche ai mercati, perciò ci lasciava a casa con la serva e spesso anche per non farci piangere ci imbrogliava ordinandoci di andare in qualche posto a prenderle questo o quello e intanto lei andava via di nascosto, e poi trovarsi inaspettatamente senza mamma era insieme dolore e rabbia e io avrei voluto che la serva morisse perché se non ci fosse stata lei la mamma avrebbe dovuto per forza portare anche noi in piazza, e un giorno per l'odio che avevo contro la serva misi un ferro nel fuoco fino a farlo arroventare e poi volevo bruciarla con quello, e lei piangeva e strillava per la paura dicendomi mettilo giú per l'amor di Dio...

Giuseppe Berto - "il Male Oscuro" - 1964 

 

Il finale del lungometraggio, e il lungo percorso per arrivarci, è allegorico, ed anche reazionario (perché rinunciatario).
Per sopravvivere alla depressione (morte del marito concomitante e concausata dalla nascita del figlio, depressione post mortem e post partum, mancata elaborazione del lutto e della gioia) occorre – grazie all'amore, all'affetto e all'empatia totalmente gratuiti e al contempo dettati da un bisogno e da una necessità altrui (della controparte messa in pericolo e a disagio) di, per l'appunto, sopravvivenza – saper addomesticare-allevare (segregare), non potendolo sconfiggere, il proprio bertoideo male oscuro.
E questa è una (non) soluzione di ripiego, e soverchiante la propria libertà, perché in tal modo si finisce per vivere in funzione della depressione: e ciò non può ch'essere una sconfitta.   

 

Il racconto è dolore, ma anche il silenzio è dolore.

Eschilo - "Prometeo (Incatenato)" - 460 a.C. [in esergo a "il Male Oscuro" di G.Berto]      

 

A conti fatti "Babadook" (espressionismo inespressivo) non è un film sulla depressione: è un film depresso. Una rinuncia alla vita.

Tutto ciò che invece "Monster" (ancora) non è.

In "Monster" le obbligate semplificazioni esemplificative assumono le sembianze di un Orrore - che si può controllare (annichilire, schiantare, sconfiggere) con un urlo - ancora umano (beve latte, non mangia vermi). È un coinquilino, non il padrone di casa.

"Monster" ingaggia battaglia, pugna d'odio benefico attraverso simboli arcaici e vivi(di)ssimi (allucinazioni/transfert/materializzazioni), più che adagiarsi lasco s'un giaciglio ispido di rigurgiti premasticati. 

In "Babadook" i personaggi hanno tempo per i rovelli, in "Monster" non è loro concesso: "Monster" __è__ il finale di "Babadook"...senza comprosmessi di stile e forma (ché contenuto e sostanza quelli sono).

        

- M-a/o/u-mmy! I killed a monster for you!

- It's all right, sweetheart. It's all right.    

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