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The Hateful Eight

Regia di Quentin Tarantino vedi scheda film

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cazzeggiatore del millennio

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La recensione su The Hateful Eight

di cazzeggiatore del millennio
8 stelle

Violenza, spiazzamento e perfezione da un maestro che non smette di avere assi nella manica.

Otto loschi figuri si ritrovano bloccati in un saloon durante una tempesta di neve.

Tarantino la sua personale visione della società l’ha sempre data in modo più o meno grottesco e più o meno velatamente, n forma di satira o di crudele apologo più o meno scorretto e sempre politicamente insopportabile. Mai però la sua visione è stata tanto arrabbiata e scoperta come nei suoi ultimi due film (Django Unchained e questo) certo che se però in Django la critica spudorata era verso un certo tipo di bigotto razzismo americano forse anche un po’ scontato, qui la faccenda è molto più profonda e personale. Non è che non ci siano buoni e cattivi, anzi, il fatto è che però da una parte e dall’altra domina una brutalità disumana per causa della quale anche chi ha ragione passa per aguzzino, la stessa brutalità che farà sì che non si salvi nessuno. La scusa della legge che esenta dalla pietà, le persone che persino nell’esalare l’ultimo respiro non si risparmiano l’ennesima crudeltà al sicuro nella loro consapevolezza d’aver ragione, il tutto poi è tanto vivido da sfociare nello splatter e nell’orrore. Vendetta, legge, amore, ideali: ciascuno con i propri idoli e ragioni in una discesa sempre più profonda negli inferi della persona.

Poi Tarantino si sa che è un fenomeno, all’inizio par d’essere in un altro mondo con questo carro nel mezzo della neve, con dialoghi perennemente ritmati dal fischio del vento in sottofondo. I rapporti sono curati in modo tanto realistico che sembra una parodia. I dialoghi serrati, oltre a definire la persona e le sue dinamiche nella storia, creano un vero e proprio affresco di una certa situazione di una certa America.

Un film che mette a dura prova il perbenismo dove il bandito di turno condannato all’impiccagione non fa altro che subirne di tutti i colori dall’inizio alla fine in quanto a canaglia, peccato però che sia una donna. Il nero viene continuamente denigrato ma è effettivamente una carogna, certo però è che chiunque a dispetto del  colore della pelle con un vissuto come il suo si sarebbe comportato allo stesso modo, cioè il carattere di Samuel Jackson ed il suo essere spietato è dettato più che altro da ciò che ha vissuto e non certo dal colore della pelle.

E poi c’è tutto ciò che riguarda il talento di un regista come Tarantino, un montaggio che pur essendo avvincente prende i suoi tempi, una storia chiusa in appena quattro location diventa tesissima e spettacolare da far paura dove niente è lasciato al caso e tutto quadra dall’inizio alla fine.

 

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