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The Hateful Eight

Regia di Quentin Tarantino vedi scheda film

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La recensione su The Hateful Eight

di cheftony
4 stelle

Uno di loro ha in mente di ammazzare tutti qui dentro.”

 

Wyoming, da qualche parte lungo la via per Red Rock, gelido inverno post-Guerra Civile: una carrozza si ferma in mezzo alla neve, poiché gli si para di fronte il cacciatore di taglie Marquis Warren (Samuel L. Jackson), ex-maggiore nordista di colore con tre cadaveri con sé. All'interno della carrozza, il diffidente “collega” John Ruth (Kurt Russell) conduce ammanettata una taglia che ha intenzione di condurre viva al patibolo a Red Rock, l'assassina Daisy Domergue (Jennifer Jason Leigh); John si fida, alla fine Warren è un pezzo grosso, uno di cui si dice possedere una lettera personale del defunto presidente Abraham Lincoln, suo “amico di pennino”.

La carrozza procede con l'ospite in più a bordo, ma molto presto si trova a dover caricare anche un altro disperso, il neo-sceriffo di Red Rock, tale Chris Mannix (Walton Goggins), ometto sudista poco sveglio, ma con in serbo una poco edificante storia sul negro Warren prigioniero di guerra.

La bufera di neve da cui il cocchiere cerca riparo si fa inesorabile e la sosta all'emporio di Minnie si rende obbligatoria; qui, inaspettatamente, sono assenti i gestori ma non manca la compagnia: i quattro viaggiatori sono accolti dal messicano Bob (Demián Bichir) e trovano altri tre ospiti nel minuscolo emporio, con i quali dovranno condividere qualche giornata, visto che le condizioni esterne costringono tutti alla permanenza forzata. I tre sono l'inglese boia della regione Oswaldo Mobray (Tim Roth), il mandriano Joe Gage (Michael Madsen) e l'anziano generale confederato Smithers (Bruce Dern).

Appare presto evidente che, nascosto dietro un losco campionario di cortesie e metodi spicci, qualcuno non sia chi dice di essere…

 

Samuel L. Jackson

The Hateful Eight (2015): Samuel L. Jackson

 

Tanto tuonò che piovve (nevicò, anzi). Inutilmente. L'attesa per l'ottava regia di Quentin Tarantino, spasmodica e protratta per più di un mese rispetto a pressoché ogni altra nazione, ha portato a gonfiare esageratamente un film che, stante le grandi capacità dell'autore, non va oltre l'onesto divertissement.

Intendiamoci, c'è di che spassarsela: al di là delle impeccabili riprese (nonostante il digitale abbia dovuto soppiantare i 70 mm di cui tanto si è parlato) e della splendida fotografia di Robert Richardson, che rendono il prodotto visivamente ineccepibile, l'amore di Tarantino per alcuni dei suoi nuovi personaggi è evidente: perciò è bellissimo rivedere Jackson e Russell in gran forma e convincenti nelle rispettive parti, così come ritrovare in ruoli decorosi due attori come un Michael Madsen irrimediabilmente appesantito e il sempre bravo Tim Roth, qui tanto gigione da far pensare che il suo ruolo fosse stato scritto per Christoph Waltz. Aggiungete musiche di livello composte da Ennio Morricone, voci di Ward e Pannofino al doppiaggio, una bella svolta pulp e nuovo capolavoro servito, no?

No.

 

Kurt Russell, Samuel L. Jackson

The Hateful Eight (2015): Kurt Russell, Samuel L. Jackson

 

No, “The Hateful Eight” può essere accettabile da un Robert Rodriguez o da un Eli Roth, tanto simpatici quanto indegni emuli, ma non da uno come Tarantino. Posto che le immancabili accuse di lentezza non stanno in piedi e, anzi, sono proprio i primi tre capitoli, i più compassati e volti a caratterizzare gli odiosi otto, a funzionare. Si segue ogni dettaglio che è un piacere, ma, esattamente come nel finale di “Django Unchained”, quando le idee scemano forse è il caso di tagliare corto, invece di dar fiato alle trombe e suonare una fanfara di sparatorie di dubbio gusto.

The Hateful Eight” è un incrocio di western, giallo e gore, quindi potenzialmente originale, ma si ritrova impantanato in un autocitazionismo incontrollato, come se Tarantino volesse coccolare il suo pubblico e rassicurarlo che la sua firma è lì, che il suo tocco c'è e che ogni volta ti mostrerà ciò che ti aspetti. Insomma, - pardon - col cazzo che vuole fare come ai tempi di “Jackie Brown”, inatteso film(one) maturo scollegato dai lavori precedenti.

Si è parlato anche di “film politico”: ma per via di Lincoln, degli attriti fra sudisti e nordisti, per l'afroamericano nordista, per il vecchio confederato, per il cacciatore di taglie “democratico” che non uccide per scelta le proprie taglie? Film politico? È un contorno, un contesto, ma figuriamoci se c'è una vaga parvenza di analisi. “Trollata” purissima di Tarantino data in pasto alla stampa e alla critica. La stessa critica che ha parlato di misoginia per i maltrattamenti al personaggio di Jennifer Jason Leigh, o che ha spesso e volentieri additato i suoi film come elogi della violenza.

 

Michael Madsen

The Hateful Eight (2015): Michael Madsen

 

The Hateful Eight” riserva fortunatamente una goduriosa svolta, quell'analessi che giunge a risollevare le sorti e a spezzare la linearità cronologica, ma Tarantino è pur sempre l'autore di quel puzzle perfetto di “Pulp Fiction” e non ci si può dire stupefatti; uno col suo innegabile talento lo potrebbe scrivere con i piedi questo meccanismo, non privo di ruoli dimenticabili (quello di un Walton Goggins grottesco, ad esempio) e di rabberciamenti, tanto da necessitare di un posticcio io narrante che si palesa di punto in bianco dopo un'ora, a dilungarsi in uno “spiegone” assolutamente non necessario.

La succitata svolta apre la strada ad un gore quasi demenziale, che fa venir meno la consueta ironia nera, sottile o grossolana a seconda dei casi. Il sangue vomitato in faccia, la fellatio sulla neve e altre trovate quasi slapstick sono espedienti accumulati fino al sovraccarico, buoni per divertire forse un adolescente.

Non mancano diverse belle trovate, senz'ombra di dubbio, ma nel complesso è un film nella media. E nella filmografia di uno come il buon Quentin, be', i paragoni con “Pulp Fiction”, con “Le Iene” o con un qualsivoglia altro titolo diventano impietosi e il medio diventa mediocre.

 

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