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Truth - Il prezzo della verità

Regia di James Vanderbilt vedi scheda film

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La recensione su Truth - Il prezzo della verità

di champagne1
7 stelle

Una volta il settore news era un settore in perdita.

Alla vigilia della Presidenziali del 2008 la incertissima lotta fra G.W.Bush e John Kerry potrebbe venire influenzata da uno scoop della CBS sulle modalità con cui Bush effettuò (o, per meglio dire, non effettuò)  il servizio militare, ingannando il popolo americano. La giornalista Mary Mapes, fresca del successo avuto con l'inchiesta degli abusi sui prigionieri irakeni nelle prigioni di Abu Ghraib, non teme di sfidare il Presidente in carica e il suo establishment ovviamente lavorando in maniera certosina sulle fonti del suo scoop. Quando sembra che abbia messo a segno un altro clamoroso colpo del giornalismo d'inchiesta, ecco che le cose cominciano a ritorlesi contro, trascinandosi dietro anche una icona come Dan Rather, celebrato anchorman della CBS...

Dopo Spotlight un altro bel film sul giornalismo e su cosa è diventato a 40 anni circa da Tutti gli uomini del Presidente, che consacrò Redford nella effigie di personaggio positivo, paladino della verità a tutti i costi, anche della paura.

Ma qui la protagonista è la ottima Cate Blanchett, con la sua recitazione spigolosa ma efficace, mentre Redford fa da comprimario non solo nella storia, ma anche come attore un po' bloccato in pose statuarie ed espressioni fisse (ma glielo perdoniamo volentieri, ricordando il suo passato e soprattutto il fatto che stia per compiere 80 anni in agosto).

Il tema specifico della pellicola - adattata da una biografia di una Mapes più che amareggiata dopo la sua uscita dall'emittente TV (Truth and Duty: The Press, the President and the Privilege of Power) - è che chi detiene il potere rappresenta una casta che sembra non debba rispettare le regole dei normali cittadini. E soprattutto detiene tutte le armi di "distrazione" di massa, per cui riesce a indirizzare l'opinione pubblica a interessarsi dei cavilli (non sempre strettamente giuridici: per quello ci sono i Tribunali) ma comunque formali, mentre si evita di affrontare la questione principale: il fatto è successo o no?

 

Certo non voglio semplificare un aspetto di grande rilevanza, che è quello del garantismo e del rispetto della oggettività delle informazioni (che non vanno mai manipolate a uso e consumo di qualcuno), ma - come anche si dice nel film - se non si fossero sforate certe barriere i grandi casi giornalistici del passato (vedi il Watergate) non si sarebbero mai potuti svolgere.

 

Fa da contorno a questo tema un aspetto più generale. Alla società oggi interessano ancora le notizie, quelle vere? o siamo drogati dalle interviste e dai ghossip sui personaggi dei Talent o dei Reality? E soprattutto interessano ancora agli stessi mezzi di informazione?

Perché ottenere notizie significa investire, in inviati e in strumenti di lavoro, spesso a fondo perduto. Ne vale ancora la pena, quando invece è molto più comodo stare ad aspettare le notizie procacciate da altri e poi imbastire una bella trasmissione di approfondimento (?) con quattro opinionisti e una bella show-girl!

 

Come anche in Spotlight, uscendo dalla questione specifica, gli autori si fanno delle domande. In Spotlight ci si chiedeva il ruolo della Società nel suo insieme rispetto ad un fenomento così diffuso come la pedofilia nel clero ("ci vuole una comunità per crescere i bambini ed occorre anche una comunità per poterne abusare!"). Qui il tema di fondo è se il Cittadino del Terzo Millennio sia ancora interessato ad essere informato (di questioni vere) e abbia voglia di combattere perché la stampa resti libera e non un puro strumento di propaganda o di intrattenimento.

In attesa di conoscere la risposta, possiamo andare ad ascoltare la reazione dei vertici della CBS dopo l'uscita del film.

Andrew Heyward, presidente della sezione CBS News all'epoca dei fatti, si è dichiarato oltraggiato dal suo ritratto e ha richiesto di non pubblicizzare il film nei canali dell'Emittente (alla faccia della libertà di espressione!!).

La replica del regista, Vanderbilt, non si è fatta attendere e havoluto rimarcare che scopo degli Autori sia stato parlare di questa interessante "intersezione di news, politica ed affari " e che " la gente debba discuterne e e farsi la domanda da soli".

In fondo il compito di un regista non è arrivare a delle conclusioni ma piuttosto di porre la questione.

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