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Irrational Man

Regia di Woody Allen vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Irrational Man

di logos
8 stelle

Il nichilismo onesto dell'ultima fatica di Allen

L’ultima fatica del grande regista a conti fatti mi si presenta come un manifesto davvero inquietante del nichilismo.

 

Il professore di filosofia a causa dei suoi vissuti (la morte del suo caro amico in Iraq, la fine di un rapporto d’amore) lo lasciano senza più apertura al mondo. Proprio lui che ha sempre cercato di cambiare il mondo, che ha sempre creduto nelle armi della critica perché diventassero, in date circostanze politiche, la critica delle armi, ora si ritrova rimpicciolito in un asfissiante presente piccolo-borghese (aggettivo desueto, ma che ricorre almeno due volte nel film).

 

Non gli rimane altro che la sua filosofia, soprattutto esistenzialista continentale, ben contrassegnata da Kierkegaard e Sartre, con tutte le tematiche annesse e connesse: l’inferno sono gli altri, la scelta quale segno di una libertà intesa come angoscia e malattia mortale, ovvero la disperazione di non poter essere o non essere se stessi...); non gli rimane che la propria professione di docente, con la fama di scrittore, ma orami con un’esistenza in balia dell’abbandono interiore, che si manifesta nell’indifferenza, in una certa incuria, in attacchi d’ansia e, soprattutto, nell’impotenza sessuale, nonostante l’offerta generosa di una collega e di un’allieva.

 

L’ambiente circostante del nuovo college in cui insegna per il corso estivo, in realtà, avrebbe tutte le condizioni adatte per risvegliare in lui la voglia di vivere (studenti che pendono dalle sue labbra, villetta confortevole, colleghi che gli si affiancano rispettosi per il benvenuto), ma tutto ciò non fa altro che confermargli che oramai non c’è più niente che possa dare un senso all’esistenza, in un mondo vuoto dal di dentro, che sopravvive a se stesso grazie a un’etica convenzionale, troppo civica e preclusa a qualunque possibilità che non sia già preventivata dalla formalità senza contenuto di imperativi categorici uniformanti, e dunque mai liberatori.

 

Il nostro professore troverà comunque il modo di riscattarsi, andando oltre l’etica, in onore a Kierkegaard.  Ma se per Kierkegaard oltre l’etica c’è la fede di Abramo, nel nostro docente, in un rovescio demoniaco à la Dostoevskij, vi è solo la possibilità di compiere l’omicidio di una persona ingiusta e inutile. Sarà proprio questo omicidio che gli darà il senso perduto dell’esistenza, che gli restituirà le emozioni e le sensazioni vitali. Ma un omicidio, per quanto possa avere una logica, ha anche le sue conseguenze morali, e il nostro eroe, invece di andare fino in fondo come lo Straniero di Camus  (accettando con innocenza destrutturante il castigo del suo delitto), al contrario, da buon filisteo, cercherà di difendersi dalle stesse conseguenze, in una sintassi umoristica e straziante (la maestria cinica e impietosa di Allen qui è davvero in grado di cogliere le nostre vite nella loro profonda e radicata superficialità piccolo-borghese); lo vedremo dunque scendere di molto dalla via teoretica, per rivelarsi piattamente molto pragmatico e calcolatore, così come il mondo stesso, di fatto, si colora, con quell’etica conformista che il filosofo ha sempre combattuto, per sprofondare in essa proprio attraverso l'azione distruttiva.

 

In altre parole vince l’insensatezza del mondo, dove non ci son santi né eroi, ma soltanto l’ancora di salvezza della normalità, che forse consola, ma certo non ci apre all’esistenza, che nel frattempo viene censurata come irrazionalità, per la quiete di tutti, soprattutto per i perbenisti che credono di avere un testa libera. E' questa la reltà che ci tocca vivere, magistralmente rappresentata da Allen, ma in un modo strisciante, non palesato, con quel tanto che basta per disorientare, lasciando lo spettatore sanamente atterito nelle proprie e altrui miserie.      

 

 

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