Regia di Woody Allen vedi scheda film
Rivisitazione del “Delitto e castigo” dostojevskiano in chiave molto alleniana. Bollato come 'ripetitvo' da quella parte di critica che mai perdonerà ad Allen le sue sottili ironie contro il gremio a cui appartengono, resta invece un film pienamente riuscito anche se, questo sì, non certo tra i più memorabili di Woody.
Woody Allen sembra non aver nessunissima intenzione di appendere la cinepresa e/o la penna al chiodo e a ottant'anni quasi suonati (li compirà a dicembre) ci consegna un altro tassello del magnifico mosaico che è la sua filmografia: “Irrational Man”. Io ho avuto modo di vederlo al cinema la settimana scorsa in Spagna (e in versione originale, cosa ivi non meno rara che in Italia), in una sala sorprendentemente gremita, qualcosa che non mi capitava da -vado a memoria- “Avatar”. In Italia anche questa volta si è deciso di postporre l'uscita nelle sale fino a Natale, scelta magari azzeccata in termini economici ma assai opinabile sotto ogni altro punto di vista. In ogni caso, leggendo qua e la critiche ricevute in giro per il mondo, ancora una volta mi trovo di fronte all'ingiustificato barrage di acredine che i critici di professione riservano ormai ad Allen ad ogni nuovo film. L'accusa più frequente è quella di ripetere stancamente se stesso, la seconda, più specifica, è quella di aver fatto un film filosofeggiante e senza nessun mordente. Mi permetto di pensar male e dire che tali critiche (che non sarebbero in ogni caso meno ripetitive dei film di Allen oggetto delle stesse) vengono da una categoria -gli intellettuali o intellettualoidi- che Allen ha sempre preso di mira e messo alla berlina nei suoi film con un'ironia sagace, pungente e a volte oggettivamente geniale, e che ha evidentemente colto nel segno. Ed ecco che ora quella stessa categoria, interessata solo a preservare il proprio status, si vendica con articoli al curaro che “Irrational Man” secondo me non merita affatto. Mi piace invece leggere la pellicola come una rivisitazione del “Delitto e castigo” di Dostojevski in chiave molto 'alleniana'. O se vogliamo, al limite, come il riuscito incrocio di “Crimini e misfatti” con “Match Point”. E se ciò gli vale il 'ripetitivo' assegnatogli dagli 'addetti ai lavori' allora ben venga la ripetitività.
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