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Revenant - Redivivo

Regia di Alejandro González Iñárritu vedi scheda film

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Carlo Ceruti

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La recensione su Revenant - Redivivo

di Carlo Ceruti
10 stelle

Una delle più belle e profonde storie sulla vendetta mai raccontate.

Hugh Glass (Leonardo Di Caprio) è un cacciatore di pelli che ha un figlio adolescente avuto da un'indiana uccisa dai bianchi. Un giorno lui e la sua squadra viene attaccata dagli indiani ed è in fuga. Mentre fuggono per terreni impervi, Glass è attaccato da un orso ed è tra la vita e la morte. Viene lasciato in compagnia di suo figlio, di un altro ragazzo e di John Fitzegarld (Tom Hardy), un uomo dai pochi scrupoli, violento, con un passato terribile alle spalle. Mentre la squadra prosegue verso la salvezza, Fitzgerald uccide il figlio di Glass e scappa lasciando Glass a marcire morente in una fossa. Ma Glass si riprende ed insegue la sua vendetta.

Revenant - Redivivo è una delle più belle, poetiche e profonde storie di vendetta mai raccontate. L'eccezionale talento del regista Inarritu, riesce a comporre una poesia in cui si mescolano paesaggi naturali ampi, eterni, magnifici, quasi crepuscolari con sequenze pregne di una violenza inaudita; non parlo solo della sequenza della lotta tra Di Caprio e l'orso, ma anche quella dei bufali attaccati dai lupi, quella di Di Caprio costretto a nutrirsi di un cuore pur di sopravvivere, a quelle delle lotte tra indiani e bianchi e tanto altro ancora. Nella ricerca della vendetta, nello scontro tra la bellezza dei paesaggi e la violenza sanguinolenta, il regista ci mostra l'ambivalenza e l'ambiguità della Natura (non solo umana); la Natura come regno magnifico, immaginifico, ma selvaggio, crudele, in cui l'unico modo per farsi strada pare essere la violenza più cieca e la sofferenza cagionata agli altri. E dal discorso generico sulla Natura, si passa poi a quello sulla Natura Umana, a come reagisce l'uomo nelle difficoltà, a come egli può divenire animalesco ed assetato di sangue e di violenza per sopravvivere e portare a termine la sua rabbia, la sua vendetta. D'altronde, come dice il cartello attaccato ad un indiano impiccato, 'Siamo tutti selvaggi'. Non esistono personaggi negativi e non esistono personaggi positivi, ogni loro azione pare mossa da una qualche ragione (che sia sopravvivere, traumi del passato o, appunto, vendette), tutti sono stati resi così da una Natura bella ma maligna che continua a generare e ripetere il male in dei paesaggi che fanno brillare gli occhi dalla bellezza.

Di Caprio, qui eccezionale, meriterebbe davvero l'Oscar per come sa esprimere rabbia, dolore, sofferenza, ma anche amore solo con il corpo, l'intensità degli occhi, dello sguardo, il mugolio della voce, ma anche Hardy resta impresso. Come restano impresse le violente scene di battaglia e le scene in cui Di Caprio, sofferente, s'aggira per i giganteschi, selvaggi e freddi paesaggi del Nord America; lì è impossibile non trattenere il fiato, neanche nelle parti più lente ed il talento del regista trasforma quelle che possono apparire 'convenzioni del genere' in originalità. Il finale, aperto, non delude.

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