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Revenant - Redivivo

Regia di Alejandro González Iñárritu vedi scheda film

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La recensione su Revenant - Redivivo

di Dompi
6 stelle

Le dodici fatiche di (Ercole) Di Caprio, il primo zombie-movie di Innaritu e Tom Hardy che disquisisce sugli scoiattoli, "The Revenant".

 

Manuale del buon boy-scout di fine '700:

 

1)Non andare per i boschi innevati da solo a guardare i paesaggi.

 

2)Non far arrabbiare Tom Hardy se lo incontri come compagno di viaggio.

 

3)Dare la manina a tuo figlio non si sa mai che un Tom Hardy gli fa fare una brutta fine nei ghiacci.

 

4)Portarsi una bussola per orientarsi nel caso qualcuno si faccia male.

 

Ovviamente Di Caprio fa tutto l'opposto e il film diventa "The Revenant", uno zombie-movie dove il protagonista in pratica muore(non lo ammazzano ma cercano in tutti i modi di farlo per vie traverse come sotterrarlo o lasciarlo morto senza cure senza magicamente riuscirci) ma questa è una storia vera e quindi bisogna crederci: non credo certamente però che un redivivo possa sopravvivere da un lancio nel vuoto da cavallo giù per una cascata e atterrare su un albero illeso e più scattante di prima. All'aggettivo di "redivivo" bisognerebbe aggiungere quello di "Immortale", "The immortal" il nuovo film di Innaritu dove Tom Hardy è relegato a recitare in scene dove racconta aneddoti su degli scoiattoli e dove si gusta la merendina con gli amici mentre si gode il calore del fuocherello notturno. Un orso si butta in mezzo e rende il film guardabile(o non noioso) solo per quella scena: complimenti, wow figata. Non una figata però vedere Di Caprio, ridotto in uno stato di larva umana, che si è dovuto distruggere psicologicamente e fisicamente per poter ricevere quella fatidica statuetta dell'Oscar, a conti fatti spero vinca lui l'ambito premio perché se farsi ammazzare da un orso, dormire nudi nel ventre di un cavallo, recitare praticamente solo con gli occhi e mangiare cibo crudo per prepararsi al ruolo non basta non oso immaginare che altri metodi può inventarsi per vincere l'Oscar. Questo secondo film fa tutto quello che deve fare: intrattenere, rendere un film commerciale un prodotto autoriale, rendere tutto stiloso e perfetto all'apparenza, avvalersi di un Lubeski che qui ha fatto un lavorone ah dicevo perché secondo film? Perché penso che Innaritu abbia esordito con "Birdman", i due film precedenti alla fine dei conti appaiono oggi come se non li avesse diretti, c'è una profonda differenza fra i due film e quelli dopo, dal montaggio scazzato al pianosequenza, con tematiche del tutto differenti e questo Revenant sembra anch'esso un altro film, Innaritu è un vero autore? Ai posteri l'ardua sentenza...

 

Senza arrovellarsi in troppe domande inutili, ciò che non funziona è la banalità(almeno come l'ho percepita io) del discorso di fondo: il tutto si appiattisce alla mera vendetta personale, un cane che si morde la coda insomma che non offre spunti interessanti se non sul piano tecnico, i pianosequenza sono tutti stilosi così come la fotografia che è ineccepibile. Altro discorso si potrebbe fare sul presunto realismo che additava Innaritu al film in varie interviste:"il film sarà realistico, l'uso di CGI sarà ridotto al minimo ecc..." quando poi ad elenco sparso ti vedi: una valanga in CGI che scende giù dalle montagne, un'orso infuriato che fa a botte con Di Caprio, le frecce e il sangue finto all'inizio del film, il cavallo e lui fatti al computer che saltano nel burrone, poco CGI mi dicono. Ulteriore discorso per le scene oniriche prive di quell'alone misterioso o surreale che dopo un po' stancano e servono solo ad intervallare come tappabuco le imprese immani di un Di Caprio abbandonato da tutti al freddo e al gelo nelle foreste innevate. Forse qualche citazionismo malickiano qua e là (d'altronde Lubeski) e in effetti è evidente il messaggio del film: mirare alla suggestione dello spettatore (e direi che ci riesce e fin qui nulla da dire) con la mossa però furbetta di Innaritu di metterci un Di Caprio dagli occhi azzurri e fighetto intento a sfamarsi di carcasse di animale e a coprirsi dal freddo nel ventre di un cavallo, che insieme a qualche scena violenta e bei paesaggi compiono la quadratura del film(quella per intenderci disegnata da Mia Wallace o dalla sposa in Tarantino). Il tutto si risolve poi con uno sguardo in macchina con Di Caprio che guarda lo spettatore e Innaritu si lava le mani, il film è fatto, ora voglio gli Oscar.

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