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La legge del mercato

Regia di Stéphane Brizé vedi scheda film

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La recensione su La legge del mercato

di maghella
5 stelle

Grandissima delusione per questo film che avevo caricato di aspettative. Mi sono lasciata ingannare dalla trama, dalla tematica sociale che la storia voleva approfondire, dalla presenza di Vincent Lindon (che per questa interpretazione ha vinto la Palma d'Oro al festival di Cannes del 2015 come miglior protagonista maschile); insomma da un sacco di cose che poi alla fine dei conti si sono dimostrate insufficienti per soddisfarmi.

Laurent è un uomo di cinquant'anni disoccupato da diversi mesi. Frequenta corsi e stage finanziati dall'ufficio di collocamento in attesa di un'occupazione definitiva. Colloqui di lavoro e formazioni che appaiono tutti inutili fino a quando riesce ad entrare come addetto alla sorveglianza in un centro commerciale. Purtroppo anche il nuovo lavoro non sarà soddisfacente. La situazione lavorativa e sociale è talmente cambiata che Laurent si troverà suo malgrado a fare da sorvegliante non ai delinquenti occasionali, ma ai proprio colleghi e ai clienti insospettabili che si ritrovano a rubare per difficoltà personali.

 

Un film che nelle mani di Ken Loach avrebbe trovato la giusta dignità, ma (purtroppo) non tutti sono Ken Loach e non tutti sanno trasportare sul grande schermo quelle che sono le proprie convinzioni politiche e sociali.

Laurent non è più un ragazzo, ha una famiglia, un figlio disabile, un mutuo da pagare, non può permettersi di non avere un lavoro fisso. E' disposto a rinunciare a qualche “lusso” che si era concesso in anni più facili come un prefabbricato in un campeggio al mare, ma non a svenderlo. Laurent è sicuro che ritroverà qualche cosa anche se con qualche compromesso. Compromesso al quale non è disposto a scendere in cambio della propria dignità.

Cosa c'è quindi che non funziona in questo film che sulla carta promette tanto? Intanto lo scollegamento tra una vicenda e l'altra. I personaggi sembrano tutti ritagliati, senza personalità, mono inespressivi e poco incisivi. Lo stesso Laurent non pare partecipare in maniera convincente a quello che gli capita, pare che si trovi lì per caso come protagonista di una storia alla quale non crede molto. Lo sbaglio, a parer mio, è stato il voler dare al film una impronta troppo realistica, quasi documentaristica per rendere lo spettatore più partecipe. Purtroppo sembra che siano gli stessi sceneggiatori e il regista ad essere poco informati sullo stato di certe realtà lavorative, soprattutto per quanto riguarda la seconda parte che si svolge all'interno di un supermercato.

Far vedere il “povero vecchietto” che ruba due filetti di carne per fame, o la cassiera che ruba i buoni acquisto dei colleghi perché ha un figlio drogato a casa e deve far quadrare il bilancio, e che una volta scoperta si suicida...è esagerato e inverosimile. Da sempre nei supermercati chiunque ruba qualunque cosa e non è per “fame”, e certe illegalità nei posti di lavoro vengono commesse soprattutto da chi si sente salvaguardato e non ho mai sentito che nessuno si sia suicidato in sala mensa (se non nei film di “Fantozzi”). Tutta una serie di esagerazioni (o eccezioni) che non erano necessarie per sottolineare una situazione di disagio sociale che davvero non ha bisogno di forzature per essere credibile e condivisa. Chi perde il lavoro a 50 anni e ha la fortuna di ritrovarlo, se lo tiene caro e lo difende con le unghie e con i denti, a maggior ragione di fronte a chi quel posto non lo onora con un comportamento corretto e legale.

Ci sono degli spunti che sviluppati in altro modo avrebbero dato risultati più convincenti, come il bel dialogo iniziale tra Laurent e l'addetto all'ufficio di collocamento. Se il film si fosse concentrato sul mettere in evidenza il mal funzionamento di una certa burocrazia che vive auto alimentandosi senza dare nessun profitto, penso che la riuscita di tutta la storia sarebbe stata differente.

 

Purtroppo nella seconda parte la storia si concentra su svariate scenette costruite ad arte per giustificare un finale che vuole essere di riscatto sociale, ma che ai miei occhi appare sconclusionato e poco (ma davvero poco) incisivo e credibile.

 

Note Personali.

La mia visione e il conseguente giudizio (amaro) è sicuramente condizionato da alcune mie vicende personali inerenti alle mie esperienze con: perdite di lavoro, vicende sindacali, precarietà e vita lavorativa all'interno di un supermercato da più di vent'anni. Il lavoro e la sua perdita sono cose da trattare con il dovuto impegno e serietà, a maggior ragione se si fa un film ad impronta quasi documentaristica.

 

 

 

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