Regia di Antoine Fuqua vedi scheda film
Billy (the Great) è il campione dei madiomassimi, imbattuto da 43 incontri, all'apice della carriera. Il suo modo di combattere è caratterizzato da una grande capacità di incassare i colpi, salvo poi scatenarsi con rabbia allo zenith del dolore.
Orfano e vissuto in un brefotrofio, Billy è fortemente innamorato e quasi dipendente dagli avvisi della giovane e bella moglie (che lo mette in guardia dal mettere la sua vita in pericolo, dal rischio di un Alzeihmer precoce legato ai violenti traumatismi cranici a cui va incontro in ogni match), anche perché stanno crescendo una figlia piccola a cui non vogliono far minimamente far rivivere le esperienze della loro infanzia (anche sua moglie era ospite dello stesso brefotrofio).
Alla vigilia di una decisione importante però un evento inatteso e tragico cambierà il corso della loro vita.
Il film scorre gradevolmente e Gyllenhaal è abbastanza convincente in un ruolo "muscolare". Ma la trama vive di qualche forzatura per accentuare i caratteri (soprattutto quello del pugile colombiano sfidante) e un po' in tutta la storia aleggia una sensazione di deja-vue ricordando i vari Rocky, Million Dollar Baby e via dicendo, come per esempio nella caratterizzazione del personaggio dell'allenatore bravo ma schivo, fuori dai circuiti, interpretato da Forest Whitaker, che ha anche ricevuto una nomination come miglior attore non protagonista.
Sembrava ci potesse essere una deviazione dal "classico" racconto del pugile che cerca sul ring il riscatto personale e sociale, quando si svolge la scena del dialogo nel bar fra Billy e il suo allenatore, che gli chiede: "cosa è successo quella sera?" e soprattutto "perché?"; facendo intendere una qualche oscura manovra nell'episodio cruciale del film... ma poi gli sceneggiatori se ne sono dimenticati e il film ha ripreso il tono "Rocky-eggiante"...
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