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Take Me to the River

Regia di Matt Sobel vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Take Me to the River

di maurizio73
6 stelle

Parenti serpenti in un'atmosfera bucolica; ostracismi omofobi nel Midwest rurale; complessi di Edipo allevati al sole della California; lacerazioni dell'imene pre-menarca; virginali ginecei per padri molestati; gite al fiume con dimostrazione pratica; psicodramma familiare attorno al tavolo di cucina; ritorno a casa con allentamento della pressione

La riunione di famiglia nella casa della nonna in Nebraska si trasforma, per l'adolescente Ryder, nella resa dei conti per una vecchia ruggine mai sopita e in un clima di crescente diffidenza che alimenta sospetti inconfessabili.

 

locandina

Take Me to the River (2015): locandina

 

Che batosta il Nebraska!

 

Parenti serpenti in un'atmosfera bucolica; ostracismi omofobi nel Midwest rurale; complessi di Edipo allevati al sole della California; lacerazioni dell'imene pre-menarca; virginali ginecei per padri molestati; malinteso concetto di difesa del focolare domestico; gite al fiume con dimostrazione pratica; psicodramma familiare attorno al tavolo di cucina; ritorno a casa con allentamento della...pressione. Il campionario di striscianti perversioni che agita spesso il cinema Indie (Thou Wast Mild and Lovely) e che piace tanto al Sundance , viene felicemente ricapitolato nell'opera prima del giovane Matt Sobel, abile nel riesumare un vecchio gulty pleasure tra i soggetti hollywoodiani da lettino psicanalitico (Il principe delle maree) declinandolo nel più attuale dramma da reunion domestica venato di feroce ironia, dove i panni sporchi si lavano esclusivamente in famiglia. Bravo a sviare le tracce del sospetto alimentando un clima di tensione che agita i fantasmi di una cultura retrograda e primitiva alle prese con i pregiudizi verso la diversità (il ragazzo) e le disgustose accuse di una perversione morale contro l'innocenza (la bambina), modula le frequenze di rapporti filiali disfunzionali per poi sparigliare le carte di un finale in cui gli adulti giocano sulla pelle dei propri figli lo scotto di traumi d'infanzia mai dimenticati, lasciando sulla superficie solo i pretestuosi contrasti di meschine rivalità patrimoniali (lei in California per studiare, lui in Nebraska a faticare) ed il solito campionario di invidie assortite e mai dimenticate. Insomma le colpe della madri ricadono sui figli ed i traumi dei padri ricadono sulle figlie, in un circolo vizioso dove quello che si è rimane una condanna che non si puo' espiare ed il motivo per cui lo si è diventati un errore di gioventù che rimanda a pulsioni prive di colpa. E' la natura (madre o matrigna che sia) bellezza e tu non ci puoi fare niente, salvo rinormalizzare i rapporti in un tacito accordo dove l'oblio allevia il dolore e la distanza allontana la possibilità di una tenzone inconsulta, dove le figlie campeggiano sorridenti in una foto di famiglia ed i figli si portano dietro un fardello di cui finalmente comprendono le ragioni mai spiegate. Riuscito il contrasto tra l'apparente serenità dell'ambientazione bucolica, tra campi verdeggianti e placide cavalcature, e la sotterranea tensione di una prigione morale da cui non si riesce ad evadere, tra un passato di gite al fiume che non ne vuole sapere di scorrere via ed un presente dove il ritorno sul luogo del delitto è un dejavù per una generazione successiva condannata a riviverlo come una macchia che non puo' essere lavata. Non ci va tanto per il sottile Sobel, e più che sulla desolata ingenuità di un adolescente problematico fatto oggetto dei più turpi sospetti predilige concentrarsi sul volto apparentemente candido di bambine inconsapevoli che dissimulano da attrici consumate le innocenti perversioni di inconfessabili giochi domestici. Unica pecca il finale, forse non altrettanto cattivo come il coraggio sin lì dimostrato avrebbe richiesto, sciogliendo nel leitmotiv di una ribellione rock un po' troppo orecchiabile la tensione di una insostenibile colpa materna. Nominato al Premio del pubblico come miglior film dal budget più contenuto (NEXT) al Sundance Fim Festival 2015. Come afferma David Byrne nella riedizione della cover dei Talking Heads della omonima canzone di Al Green: "Un brano che unisce la concupiscenza adolescenziale al battesimo, non sullo stesso piano ad onor del vero, ma quantomeno li mescola nello stesso stufato. Una miscela potente..."


Take me to the river, drop me in the water
Take me to the river, dip me in the water
Washing me down, washing me down
...
I don't know why I love you like I do
All the troubles you put me through
Sixteen candles there on my wall
And here am I the biggest fool of them all

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