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Effetto Lucifero

Regia di Kyle Patrick Alvarez vedi scheda film

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La recensione su Effetto Lucifero

di logos
7 stelle

L'esperimento carcerario di Stanford viene qui riprodotto fedelmente; studenti universitari, nel 1971, si sottopongono volontariamente all'esperimento di vivere nei sotterranei dell'istituto universitario allestito come prigione nel ruolo di guardie o di carcerati; quello che però non sanno è il criterio di scelta per cui assumeranno il ruolo di guardia o di carcerato. Sono tutti per lo più favorevoli a essere dalla parte del prigioniero, in ossequio al clima di allora, prevalentemente anti autoritario. Fatto sta, che lo psicologo dott. Zimbardo e il suo staff assegnano i ruoli suddetti a caso, perché l'intento sperimentale è quello di mostrare come sia lo stesso ruolo a giocare la definizione dell'identità degli individui in ambienti costrittivi. In effetti, una volta che i soggetti sono calati nei panni del carceriere o del carcerato, il ruolo istituzionale finirà per modellare l'identità dei soggetti medesimi, attraverso un processo di deindividualizzazione, nel senso che i soggetti non saranno più in grado di distinguere la loro personalità dal ruolo che rivestono, fino a pervenire a delle dinamiche impreviste anche per lo stesso sperimentatore. La conseguenza è inevitabile: in ogni istituzione totale, come ad esempio il carcere ma anche le comunità psichiatriche, in cui l’istituzionalizzazione impone un ruolo univoco, l'individuo viene completamente assorbito nel ruolo, e solo al di fuori del contesto chiuso può riprendere coscienza di sé e meravigliarsi per le brutalità inferte o subite.

 

Il film è apprezzabile per il risalto dato alla trasformazione coatta dell'identità che subiscono i ragazzi coinvolti, e per come evidenzia che la realtà sociale non sia semplicemente un dato di fatto, ma una definizione condivisa nell'interazione reciproca, una cornice simbolica  che si si consolida attraverso le relazioni, le quali a loro volta, retroattivamene, si modellano secondo la cornice via via consolidantesi, in una continua negoziazione tra realtà e simulazione, fino a che la simulazione non diventa la realtà avviluppante i soggetti, del tutto assoggettati, e in un modo definitivo, perché pur mostrando passività o resistenze, oramai è solo all'interno di tale realtà, anche se questa resta, di fatto, soltanto una simulazione. Già Freud, comunque, a seguito della Psicologia delle masse, aveva realizzato che in una logica gregaria la coscienza va a farsi benedire, la morale personale non conta più niente, scattano meccanismi disinibitori e regressivi, in cui quel che conta è l’impersonalità carismatica del potere; le ricerche di Palo Alto in un’ottica sistemica dicono qualcosa di più inquietante: il potere non è affatto qualcosa da abbattere, un nemico visibile, ma un intreccio di relazioni che si strutturano nella loro impersonalità e che riscostruiscono i soggetti come funzioni della struttura istituzionale, come anche in Europa saprà ben dire Foucault con Sorvegliare e punire.

 

Il film ha soltanto un limite; di non approfondire di più e meglio, anche se qualche spunto era pur presente e interessante, una prospettiva antipsichiatrica contro lo sguardo clinico…

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