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Turista per caso

Regia di Lawrence Kasdan vedi scheda film

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La recensione su Turista per caso

di degoffro
8 stelle

"Chi viaggia per affari dovrebbe portarsi dietro solo quello che entra in una borsa a mano: spedire il bagaglio significa andare in cerca di guai. Portatevi anche qualche bustina di detersivo formato viaggio così non cadrete nelle mani di lavanderie sconosciute. Sono poche, a questo mondo, le cose che non esistono in formato viaggio. Un vestito è sufficiente, se vi portate dietro qualche confezione formato viaggio di smacchiatoio. Il vestito dovrà essere grigio. Il grigio non solo nasconde lo sporco, ma è perfetto per un funerale imprevisto. Mettete sempre in borsa un libro per proteggervi dagli estranei: le riviste finiscono subito e i quotidiani stranieri vi ricorderebbero che non siete a casa, ma non vi portate più di un libro. E' un errore abbastanza comune sopravvalutare l'eventuale tempo libero e caricarsi più del necessario. In viaggio, come d'altronde nella vita, il meno è quasi sempre meglio. Ah la cosa più importante: non vi portate in viaggio niente di così prezioso o a voi così caro che la sua perdita possa gettarvi nella disperazione."

Macon e Sara Leary hanno perso il figlio Ethan di dieci anni, ucciso da un rapinatore nel corso di una sparatoria in un burger king. Un anno dopo Sara decide di divorziare: "Lo sai che ti amo, ma non ce la faccio più a vivere con te. Ho trovato un appartamento in città: voglio il divorzio! Ci sono dei momenti in cui non sono nemmeno sicura di volere continuare a vivere. Ho cercato di farti diventare la persona che non sei mai stato, ma questo non era giusto pretenderlo. Devo cercare di rifarmi una vita e la mia sola speranza è farlo lontano da te", dice al marito Macon di ritorno da uno dei soliti viaggi di lavoro, visto che l'uomo scrive guide turistiche per uomini d'affari. Macon tenta di far ragionare la moglie, proponendole di avere un altro figlio, che comunque non potrà sostituire nel loro cuore Ethan, ma l'idea viene bocciata perché "assurda e senza senso". Macon è un tipo introverso, chiuso, che deve avere tutto organizzato e pianificato, dato che, come gli dice un occasionale interlocutore incontrato su un aereo e che lo ha riconosciuto "viaggiare con il turista per caso è come stare in un guscio". E Macon non solo viaggia, ma vive in questo guscio, affrontando, come gli fa presente la moglie Sarah, le cose "in modo ovattato, come se cercasse di attraversare la vita senza scosse". Per Macon però questo è l'unico modo possibile di vivere, forse derivato dalla strana e particolare famiglia in cui è vissuto: "Io non vivo senza scosse: resisto, tento di controllare le mie emozioni!", sostiene, ma così facendo prende in giro solo se stesso. "La poltrona con le ali non è solo il tuo marchio: tu sei quella poltrona", ribadisce categorica Sarah prima di lasciarlo. Macon così si ritrova solo con il suo cane Edward, a cui il piccolo Ethan era affezionatissimo. Dovendo continuare a viaggiare per documentarsi e scrivere le sue guide turistiche, Macon è costretto a lasciare Edward in una pensione per cani, dove conosce la bizzarra Muriel, dalle unghie finte e i vestiti assai stravaganti. Muriel di mestiere addestra i cani: in particolare la sua specialità (o forse sarebbe meglio dire la sua specializzazione, come la corregge Macon) "sono i cani che mordono, o che hanno una doppia personalità". Quando Macon resta vittima di un incidente domestico, rompendosi una gamba, si rifugia nella vecchia casa dei suoi genitori, dove vivono i suoi tre fratelli (Charles, Porter e Rose) tipi un po' stravaganti ma che gli vogliono bene, ed è costretto, suo malgrado, a rivolgersi a Muriel per addestrare il suo cane Edward. Muriel è divorziata, vive in un quartiere piuttosto popolare ed ha un figlio malaticcio, Alexander, (soffre di diverse allergie "ai crostacei, alle verdure, forse all'aria, e se dovesse essere punto da un'ape senza un'iniezione morirebbe nel giro di mezz'ora") spesso oggetto di scherno e di discriminazione dai suoi coetanei che lo sbeffeggiano di continuo chiamandolo "Mostro". La vitalità e l'eccentricità della donna ridonano a Macon la voglia di vivere: l'uomo si apre con Macon, le racconta la sua tragedia, prende in grande simpatia il piccolo Alexander, a cui insegna vari trucchi domestici, come riparare un rubinetto, si trasferisce a vivere da Muriel, prendendosi cura della sua nuova famiglia, tanto da desiderare di iscrivere Alexander a qualche college privato. Ma Muriel lo mette in guardia: "Attento a quello che prometti a mio figlio: non gli fare delle promesse che poi non puoi mantenere". Ed infatti quando al matrimonio della sorella con il suo editore Julian ("Ho quasi trentasei anni ma mi sento come un bambino davanti a tua sorella. Voglio avere una vera prima notte d'amore, voglio fare proprio come una volta" gli aveva confessato un innamorato ed entusiasta Julian qualche tempo prima) ritrova in forma smagliante Sarah, il passato torna a bussare alla sua porta, anche perché Sarah riprende insistentemente a rifarsi viva: "Macon torna a casa: riproviamoci un'altra volta". E Macon decide di lasciare Muriel ("Credi che io sia una bottiglia vuota che adesso non ti serve più?" è la sconsolante domanda della donna) per riprendere la sua routine matrimoniale con Sarah. Il ritorno a casa però è meno entusiasmante del previsto e intanto anche la sorella ha deciso di lasciare il marito per tornare a casa a prendersi cura dei fratelli che "vivono in pigiama per non fare troppe lavatrici". Ma mentre Julian, pur di non perdere la moglie decide di trasferirsi a vivere a casa sua con i fratelli, Macon parte per Parigi: sull'aereo che lo porta nella capitale francese incontra Muriel, che ha deciso di seguirlo: "Hai bisogno di me: eri a pezzi prima di incontrarmi". Costretto a letto da un fortissimo mal di schiena, assediato da Muriel e raggiunto da Sarah, Macon finalmente prende la sua decisione: "Non sono uno che prende decisioni di solito, ma forse non è tardi per cominciare: tu non hai bisogno di me, lo sappiamo tutti e due. Io invece ho bisogno di lei" dice intenerito Macon alla moglie Sarah che finalmente lo abbraccia con amore. Macon decide così di lasciare l'albergo, abbandona la sua borsa da viaggio, conservando solo la foto del figlio Ethan, intravede un giovane ragazzo, nel quale forse immagina di vedere il figlio cresciuto, prende un taxi per dirigersi all'aeroporto e sulla strada vede una donna con i bagagli pronta a ripartire. E' Muriel. Macon chiede al taxista di fermarsi, incrocia gli occhi smaglianti di Muriel che lo riconosce e finalmente, forse per la prima volta dopo tanto dolore per la morte del figlio, può sorridere di cuore e serenamente,. La quarta opera di Lawrence Kasdan, baciata da un inatteso e sorprendente successo di pubblico, oltre che di critica, prodotta, tra gli altri, da John Malkovich, tratta dall'omonimo romanzo di Ann Tyler, sceneggiata magnificamente e con una finezza ed un'eleganza di tocco e di sensibilità rara e coinvolgente nel panorama del cinema moderno americano (nei dialoghi neanche una parolaccia, un vero record) dallo stesso regista in collaborazione con Frank Galati, è un film toccante, dolce, pacato, delicato, sentimentale ma non sentimentalistico, triste e malinconico, quasi disperato (i duetti fra William Hurt e Kathleen Turner) ma illuminato da frequenti e felici digressioni umoristiche (il personaggio di Geena Davis, il cane Edward) capace di "bilanciare con sagacia dramma e commedia, analisi psicologica e bozzetto, gravità e leggerezza", (Morandini). Un viaggio nel dolore, nella fatica di vivere ("Apro gli occhi la mattina e mi chiedo: ma perché devo alzarmi, perché devo mangiare, perché devo vivere?", si domanda una stravolta Sarah, al telefono con Macon) nel vuoto lancinante causato dalla perdita improvvisa e tragica di una persona cara (come ne "Il grande freddo" tutto parte da un lutto, ma se nel film del 1983 la morte era l'occasione, per un gruppo di amici, di riflettere su una serie di ideali, utopie, valori in cui si credeva fermamente negli anni della gioventù, ma inevitabilmente traditi e smarriti da adulti, assumendo dunque una valenza collettiva, pubblica, quasi politica - i protagonisti erano tutti ex sessantottini - quindi forse più calcolata e meno sincera, in "Turista per caso" tutto si fa più intimo, personale, umano, dunque più vero ed autentico), nell'apatia, impotenza, rassegnazione ed incapacità di trovare una ragione, un motivo che aiuti a ricominciare a vivere, nella difficoltà di rielaborare un lutto così atroce ("Tutti i giorni dico a me stesso che devo superarlo questo momento: so che la gente si aspetta questo da me. Ma invece la situazione peggiora. Il primo anno è stato come un brutto sogno, un incubo: andavo dritto in camera sua senza ricordarmi che non lo dovevo più svegliare. Ma questo è il secondo anno. Ho smesso di andare nella sua stanza e qualche volta riesco persino a far passare un giorno intero senza pensare a lui" è la triste constatazione di Macon in ordine alla morte del figlio) nella paura e titubanza di esprimere i propri sentimenti ("Il problema con te Macon è che tu non vuoi che le persone si aprano, ma che rimangano chiuse nel proprio intimo", dice Sarah, dopo che i due sono ritornati insieme), nella necessità di allontanarsi dalle persone per stare soli con sé stessi, chiusi ed impenetrabili nella propria inaudita e spesso non condivisibile con altri sofferenza ("Io mi sento così lontano da tutti. Non ho più amici: tutti quanti mi sembrano ridicoli, insignificanti. Non hanno nulla in comune con me" confessa Macon a Muriel), nella precarietà e pigrizia dei legami affettivi (l'immagine della poltrona si addice non solo a Macon e ai suoi fratelli ma anche a Sarah, che solo a parole riesce a viaggiare, ma di fatto è anche lei perennemente seduta su quella poltrona), nel bisogno di sfogarsi, magari anche piangere con qualcuno che possa capire, o semplicemente ascoltare ("Può chiamare anche senza motivo, soltanto per chiacchierare: prenda il telefono e chiacchieri. Non sente mai la voglia di farlo?" domanda Muriel ad un esterrefatto Macon, quando l'uomo passa a ritirare il cane per la prima volta), nella fredda e ripetitiva monotonia di una vita familiare che spesso obbliga ma non dà scosse (non solo per Macon ma anche per la sorella), nell'imprevedibilità e bellezza della vita, in cui tutto può succedere, anche un incontro sorprendente e casuale tra due anime diversissime ma ugualmente sole (Macon e Muriel, ma anche Julian e Rose - tanto che lo stesso Julian dice a Macon "Due persone tanto diverse si trovano così unite"), nei sentimenti e nell'incapacità dell'uomo di affrontare le avventure della vita (Macon non solo è turista per caso in giro per lavoro, ma è ancor più turista viaggiatore della propria vita, la stessa diffidenza che ha nello spostarsi nello spazio, la prova esistenzialmente, il suo ripiegamento su se stesso è causa della sua regressione familiare, e splendido è questo parallelismo tra il viaggiatore della vita ed il viaggiatore del mondo), nell'amore che, pur nella tragedia, riaffiora con tutta la propria vulnerabilità. Kasdan dirige in punta di piedi (quindi nel modo migliore), regala alcune sequenze di vibrante emozione (l'addio iniziale di Sarah a Macon, Macon che confessa la sua tragedia a Muriel, l'addio finale di Macon a Sarah, il finale solare), dirige un tris d'attori in stato di grazia (umanissimo e perfetto William Hurt, così intenso solo nel successivo e misconosciuto "Un padre in prestito", scandalosa neanche una nomination per lui, forse troppo fresco era l'Oscar per "Il bacio della donna ragno", e nei due anni precedenti aveva ricevuto la nomination sia per "Figli di un dio minore" che per "Dentro la notizia" anche se questi ragionamenti non sono stati fatti qualche anno dopo per Tom Hanks, e comunque era l'anno di Dustin Hoffman e "Rain Man" - Kasdan avrà potuto rallegrarsi con la vittoria nello stesso anno dell'altro suo attore feticcio, Kevin Kline, premiato come miglior non protagonista per "Un pesce di nome Wanda", fredda, razionale, impenetrabile come richiede il ruolo Kathleen Turner, in un ruolo antitetico a quello della dark lady bollente che Kasdan le aveva regalato nel suo esordio in "Brivido caldo" dove seduceva un molto più disponibile ed attraente William Hurt, stravagante, radiosa e dirompente, dal sorriso contagioso Geena Davis che si portò a casa un Oscar, sbaragliando la concorrenza agguerrita di Michelle Pfeiffer per "Le relazioni pericolose" Joan Cusack e Sigourney Weawer per "Una donna in carriera" e Frances McDormand per "Mississipi Burning", ma un premio speciale avrebbe dovuto essere trovato anche per il cane Edward, scelto dopo una selezione alla quale hanno partecipato 117 cani, semplicemente formidabile, e lo stesso regista ha affermato che "Il cane è la metafora centrale del film e deve funzionare sul livello del divertimento e del realismo al tempo stesso. Il problema del protagonista è anche quello di non riuscire a controllare il cane. Così come non ha potuto controllare il destino che gli ha portato via il figlio. Ma poi trova questa donna matta, incontrollabile, che però riesce a controllare il cane. Ed ecco che la sua vita torna sui binari giusti. E' una bellissima metafora. La Tyler affronta sempre la stessa problematica: come restare equilibrati in un mondo che fa paura.", nomination anche per il miglior film - vinse "Rain Man", gli altri candidati erano "Le relazioni pericolose", "Una donna in carriera" e "Mississipi Burning", la migliore sceneggiatura non originale - vinse "Le relazioni pericolose", gli altri candidati erano "Gorilla nella nebbia", "Little Dorrit" e "L'insostenibile leggerezza dell'essere" e la musica di John Williams - vinse Dave Grusin per "Milagro" di Robert Redford, ma erano candidati anche il grande Maurice Jarre per "Gorilla nella nebbia" e Hans Zimmer per "Rain Man", oltre a Geroge Fenton per "Le relazioni pericolose"), con poche pennellate riesce ad evidenziare molti elementi fondamentali della storia (i flashback che raccontano il passato di Macon non solo familiare - vedi il riconoscimento del cadavere di Ethan, ma anche lavorativo - il dialogo tra Macon e Julian con la proposta di lavoro dell'editore "C'è chi non si muove dalla sua poltrona, sognando sempre di viaggiare e chi è costretto a viaggiare sognando solo la sua poltrona" - il quartiere popolare in cui vive Muriel, la strana famiglia di Macon abituata, tra le altre cose, a mettere nella credenza in ordine alfabetico i vari prodotti della spesa o a non rispondere mai al telefono - "Siamo la famiglia più normale che conosca" ironizza con Macon, Rose - l'atteggiamento discriminante e presuntuoso di Porter, fratello di Macon, poco felice della sua nuova relazione con Muriel - "Quella Muriel è già fortunata a trovare qualcuno: i suoi amici si saranno già complimentati con lei. Vive in una casa squallida ed in più quel ragazzino pare avere i vermi. Sai dirmi una sua qualità davvero speciale?" gli chiede spietato e categorico, l'ingenuità e la mancanza di tatto di una donna, madre di un ragazzo che ha l'età di Ethan, incontrata da Macon, per caso in un negozio di abbigliamento e che gli rivolge la classica affermazione che mette in grave disagio), confeziona brillanti consigli di viaggio (tra tutti "Fate attenzione ai ristoranti a prezzo fisso: sono come la mamma, da piccoli diceva mangia, mangia. Vi servono troppe portate"), ci dice che in fondo nella vita non è una sfortuna anche per il viaggiatore più attento e scrupoloso imbattersi in un incontro che non si è preparati ad affrontare e non serve in questi casi solo "usare tutto il buon senso che si possiede". A volte "non si può programmare tutto come se fosse un viaggio d'affari": Macon con quella strana donna ha ritrovato se stesso, "mi ha aiutato, mi ha dato una possibilità in più di capire chi sono, di uscire dalla gabbia mentale della mia famiglia", confessa finalmente sincero a Sarah nel finale. E la donna non potrà che lasciarlo andare, dopo averlo abbracciato calorosamente perché anche lei ha finalmente capito che nella vita in fondo "non conta quanto tu ami qualcuno, forse quello che conta è quello che riesci ad essere quando stai con qualcuno". Splendido. Lawrence da amare.
Voto: 8

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