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Suburra

Regia di Stefano Sollima vedi scheda film

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La recensione su Suburra

di M Valdemar
8 stelle

 

locandina

Suburra (2015): locandina



Suburra Capitale.

Subitanea capitolazione: nera pioggia incessante che insudicia i peccati del mondo-Roma annegandoli in un maelstrom di disperazione che non salva niente e nessuno. Tutto è sporco, depravazione, candida immondizia, sordida letizia, distorsione: il politico degenere che di notte scopa e si droga come un angelo dell'immoralità con due escort (di cui una minorenne, all'ultimo soffio di vita: io non c'entro), e di giorno banchetta ferino nei palazzi del potere; il signorotto locale dal nome esotico, che porta la torta a mammà, agente per conto delle potenti "famiglie"; il capo degli "zingari di merda" - lercia spietata criminalità di strada, in ascesa -; la mignotta di lusso immersa negli ambienti-bene; l'untuoso opportunista catapultato nei luoghi dell'illegalità (perché le colpe e i debiti del padre suicida ricadono sul figlio ingrato); il giovane boss di periferia, strafottente; la tossica che s'inietta roba e istinto omicida; l'eminenza vaticana che elargisce carità in forma di sostanzioso danaro immondo.
Misera umanità liquida testimone/partecipe/complice d'una città malata, corrotta, puttana, (de)nuda(ta) (e decadente: come uomo l'ha resa), perfettamente calata nei temp(l)i (della putrefazione esistenziale); bagnata da fiumi (di) stupefacenti, e pervasa dal fuoco dell'ultraviolenza, in tutte le sue nauseabonde declinazioni: il sangue colora d'un rosso scuro come la morte il quotidiano, la fauna malavitosa imbratta di progetti sognanti (Las Vegas a Ostia) i rappresentanti (pro tempore) del popolo (fa ridere, fa piangere, fa schifo), la politica liquefa la sostanza della democrazia.
Nessuno si salva, in questo potente affresco allegorico (tremendamente contiguo alla realtà, a eventi incontestabili); e nessuno chiede perdono né suscita (vuole suscitare) simpatia alcuna (figuriamoci pietas). Quindi tutti meritano la fine che fanno, o che (immaginiamo, col ghigno disegnato in volto) faranno. Un limite, un eccesso, un'autoritaria virata sul nero (di pioggia: acqua siamo e nell'acqua trapasseremo), una scelta precisa. Come racchiudere il narrato in un periodo definito: otto giorni, immediatamente precedenti le dimissioni dell'innominabile ex cavaliere. Giorni di angoscia e precipitazioni folli nelle fauci della decadenza: e l'ottavo arrivò l'Apocalisse (per l'uno, per gli altri, per tutti).
Opera sempre inghiottita dalle/nelle nerissime acque del degrado (frase simbolo: «È stata Roma»; espressione dello stato delle cose «Uno come me se ne fotte della magistratura italiana ... s'attaccassero al cazzo!»; elogio della disperazione: «Io devo essere rieletto!»), sempre illuminata (magnificamente) da angosciose luci del notturno e da una grafica estetizzante, sempre vissuta nei corpi e nelle facce di attori inappuntabili (Favino monstre, Germano strisciante, Amendola ieratico, Gorietti intima, Borghi furente, Dionisi sublime, Scarano amata/armata: sguardo che penetra mari e schermo); e sempre musicata - per paradosso, per accenni/accenti onirici, per contrasto - dalle note sintetiche, avvolgenti, penetranti degli M83 (con Outro tema ricorrente: presenza magnetica, mantra funereo, fuga catartica).
Fosse stato più asciutto e rigoroso, con un piglio action più marcato, meno prevedibile in alcune situazioni e soluzioni anche registiche (e - sogno - finanche in un netto bianco e nero a ridurre corpo filmico e tragedia a una bidimensionalità dell'anima narrativa-estetica-tematica-simbolica) avremmo avuto un capolavoro.
Ma così, imperfetto e viscerale, volgare e impetuoso, esplicito e votato al massacro, Suburra è un lavoro fottutamente necessario, oggi. Quello che ci meritiamo.

[ Brutalizzando, si potrebbe definire Suburra "The Dark Side of La grande bellezza": laddove Sorrentino, autore, profetizza-filosofeggia di/su vacuità, sul senso alto delle cose, adottando un linguaggio-chiacchiericcio morale e moraleggiante, Sollima, fautore d'uno sguardo-cinema popolare, posa la mdp ad altezza terra gua(r)dando in luride acque melmose senza paura di sporcarsi ]

 




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