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Arès

Regia di Jean-Patrick Benes vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Arès

di alan smithee
7 stelle

Nel 2035 la Francia è divenuta una nazione tra le più precarie d’Europa, forte di una disoccupazione dilagante che coinvolge oltre 10 milioni di persone. I senza tetto pullulano tra le strade di Parigi infestate di tende e baracche come in una favelas. Di contro in lontananza si stagliano i grattacieli che racchiudono i centri di potere ove vivono i pochi privilegiati che hanno saputo emergere e restare sulla cresta dell’onda.

La disperazione è tale che una legge ha permesso agli esseri umani di sottoporsi legalmente come cavie ad esperimenti medici proposti da potenti lobbies di case farmaceutiche intente a dominare il mercato a discapito della concorrenza, con prodotti tendenti a ringiovanire e rendere invincibili gli esseri che ne fanno uso.

A testare tali prodotti vengono chiamati spesso dei lottatori tipo wreslers, che si sfidano in veri e propri duelli senza regole, spesso fino alla morte, aggiudicandosi lauti premi in denaro che si trasformano per le società produttrici del farmaco del vincitore, in guadagni di borsa di ben altro livello, e trasformando i manager in uomini di potere di riferimento, disposti a tutto pur di massimizzare fama, profitti e status sociale.

Arès ha preso colpi e botte per tutta la vita, ma è costretto a riprendere i combattimenti, e dunque le somministrazioni di farmaci dopanti, per far uscire di prigione la sorella, madre di una teenager e di una bimbetta, invischiata in una losca vicenda.

Quando il farmaco che Arès riceve lo fa vincere inaspettatamente, e si scopre altresì che egli risulta essere il “paziente 0”, ovvero l’unico che è riuscito a tollerarlo e a restare in vita, ecco che l’interesse verso Arès cresce a dismisura, così come la sua fama di lottatore, che lo riporta in auge e a livelli ben più alti della sua carriera in gioventù.

Attorno ad una Parigi spettrale abilmente ricostruita senza l’ausilio di effetti speciali particolarmente avveniristici o costosi (almeno in apparenza), Arès si presenta come una sorpresa davvero riuscita e piacevole. Un film che si inserisce nel filone della fantascienza distopica, e che sorprende soprattutto per l’atmosfera sinistra che riesce a portarsi dietro, assieme ad un umorismo caustico a tratti effervescente quando ad esempio riunisce quasi in coppia il protagonista ed il suo vicino travestito: due opposti che si odiano e si disgustano, ma che finiscono per allearsi e per dar vita ad una esilarante accoppiata eterogenea quanto incompatibile, protagonista di una concitata vicenda di fughe e di sofferenze represse che ha il suo dolente sottofondo drammatico e pure inquietante.

Splendida la visione di una Tour Eiffel geneticamente modificata che si staglia abbagliante e videoclippata tra uno sfondo grigio e decadente che non promette nulla di buono, mentre le visioni delle celebri piazze parigine e dei monumenti immortali accostati ai relitti di una umanità senza futuro, rendono l’atmosfera cupa e allo stesso tempo irresistibile.

Ottimo e da tener d’occhio lo svedese Ola Rapace, ex consorte di Noomi, caratterista ed attore prettamente televisivo da tempo (ha interpretato la serie tv Wallander, tratta dai romanzi di Henning Mankell, che lo hanno reso famoso soprattutto in terra scandinava), e volto interessante che ci piacerebbe rivedere come protagonista al pari di questa sua riuscita intensa interpretazione muscolare, ma anche drammatica.

 

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