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Piccoli brividi

Regia di Rob Letterman vedi scheda film

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La recensione su Piccoli brividi

di M Valdemar
6 stelle



locandina

Piccoli brividi (2015): locandina



Interessante. Sulla carta.
Storia che, come da copione, procede per fasi codificate - l'inizio, il cuore, il colpo di scena - in forma di metaracconto. Dalle pagine della celeberrima serie di libri per ragazzi Piccoli Brividi prendono letteralmente vita le creature mostruose che le abitano, e che da un paio di decenni abitano giovani menti impressionabili: l'inchiostro risucchiato all'esterno in un nero vortice che libera e dà forma a un immaginario teen-horror immediamente riconoscbile.
Un bel colpo. Che lo stesso creatore di cotanti incubi pop appaia poi sottoforma (finzionale) d'un ritrovato Jack Black, armato di complice attitudine "ricreativa" (cialtrona, alla sua maniera), è un'altra bella pensata (n.b.: il vero R.L. Stine compare in un cameo come professor "Black", insegnante di recitazione). Fantautore dal bonario sguardo minaccioso che s'inalbera, rivelando la sua vera identità, non appena l'eroe di turno gli sbatte in faccia: «Sembri la brutta copia di Stephen King!».
Uno spasso, la - prevedibilissima (e proprio per questo divertente) - reazione del corpulento occhialuto personaggio/scrittore degli eventi in diretta. Già, perché, per mettere la parola "fine" all'esercito al gran completo dei simpatici mostri stineiani - l'abominevole uomo delle nevi, gli amabili nani da giardino malvagi, il Blob, la mantide gigantesca, le piante carnivore, il pupazzo/puparo della rivolta e gran villain Slappy - occorre, letteralmente (of course), battere sulla magica macchina da scrivere le ultime pagine della storia; che prevedano, ovviamente, la risoluzione dei grossi guai e il ritorno alla "normalità".
Tutto l'aspetto "meta", sebbene non originale, si rivela intrigante, f(r)ase dopo f(r)ase, scrittura in divenire di un racconto naturalmente (arche)tipico: difficile, improbabile, però venga colto dal pubblico di giovani e giovanissimi a cui è destinato. Medesima considerazione per la palese ricerca di inseguire il sense of wonder e lo spirito "analogico" dei celebri modelli avventurosi degli anni ottanta - dai Goonies ai Gremlins - così come per il succulento frullato citazionistico.
Tentativo apprezzabile ma riuscito solo in parte: mancano l'epica, la sensazione di vivere un'avventura irripetibile, il fascino dei (vecchi) tempi che animavano i titoli ascrivibili alla specie dei titoli sopracitati.
Quello che rimane è un canonico - per quanto divertente (ma di quel divertimento fugace, che esiste solo nelle pagine del film per poi svanire dopo i titoli di coda) - scorrere di eventi e scene in ottica teen-fantasy (buoni gli effetti speciali), con tutti meccanismi e i passi e le morali del caso (la crescita personale dell'eroe, il saper "guardare avanti" e superare solitudine e autoreclusione sorti come rifugio ai traumi del passato, la fiducia e la speranza nel futuro ecc.).
Come da copione, la "minaccia" del sequel: simpatica, come i titoli di coda colorati configurati sulla grafica di copertine e disegni ispirati ai Piccoli Brividi.

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