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Tremors

Regia di Ron Underwood vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Tremors

di omero sala
7 stelle

locandina

Tremors (1990): locandina

 

Un film forse trash, ma gradevolissimo e, nella sua semplicità, straordinario (ricordiamoci che in quegli anni non esistevano effetti speciali digitali o computer grafica ma tutto era artigianale); un cult, si direbbe, per chi lo ha visto in quegli anni; un gioiellino che ha ben meritato l’enorme successo e, dal 1990 al 2020, ha generato altri sette film e una serie televisiva.

L’idea e la trama richiamano i migliori film di fantascienza degli anni ’50, ma - diciamolo subito - con una differenza sostanziale: mentre nei film precedenti la minaccia al pianeta e al genere umano era extraterrestre (aliena) o paranaturale (mostruosa, gigantesca), qui l’insidia è insita nella natura, compatibile con la nostra storia evolutiva. 

Una genialata; un cambio di prospettiva sostanziale; un valore aggiunto di riferimenti metaforici densi e spiazzanti, che meriterebbero maggiori approfondimenti. Come a voler sottolineare che i pericoli per l’umanità non vengono né dalle galassie, né da mutazioni genetiche, né da manipolazioni scientifiche fuori controllo, ma dalla natura che ci ha generati e dalla sua prevedibile evoluzione.

TRAMA

Siamo nei pianori secchi  un po’ western, del Nevada, in una assolato e minuscolo agglomerato di case sgangherate. che prende il presuntuoso nome di Perfection Valley. 

Due giovanotti, Earl e Val  (un giovanissimo Kevin Bacon) hanno deciso di abbandonare il paesello e di cercare fortuna altrove, ma trovano un vecchio morto di sete abbrancato a un traliccio e si accorgono che sono sparite nel nulla alcune pecore insieme al loro pastore. Rientrano in paese per dare l’allarme. Nel frattempo anche due operai stradali spariscono nel nulla. Poi è la volta del medico e di sua moglie.

Scoprono ben presto, con l’aiuto di una geologa, che all’origine delle sparizioni vi sono dei terribili vermi giganteschi che vivono sottoterra, scavano gallerie come trivelle movendosi con sorprendente velocità, sono ferocissimi e carnivori, sono ciechi ma si orientano verso le loro vittime percependo le vibrazioni sonore di qualsiasi movimento. (Vermoni simili appaiono anche in Dune di Lynch, un film del 1984 completamente diverso, forse un po’ sgangherato per eccesso di presunzione).

La geologa ritiene che le creature siano degli esseri preistorici antichissimi, rimasti nascosti e ignoti, che siano usciti dalle profondità per qualche ragione e che, probabilmente, anticipino l’arrivo di altri loro simili.

I tre scampano all'assedio di una delle creature e rientrano a Perfection per preparare contromisure. La piccola comunità (14 anime) si organizza: c’è un cinese, proprietario dell’emporio, un ragazzotto impertinente di nome Melvin che nella confusione fa scherzi scemi giocando sul terrore per i mostri affamati, c’è Nancy con la piccola Mindy che se ne va in giro con le orecchie tappate da un walkman saltellando rumorosamente sui trampoli a molle (tum, tum, tum), ci sono due amici Nestor e Miguel, e non mancano i coniugi Gummer, un po’ paranoici e fanatici di armi (da veri americani) che abitano in una specie di bunker poco lontano. Melvin, attaccato dai vermoni, si rifugia sul tetto di una baracca; Nestor sulla sua roulotte; Namcy in casa sua; tutti gli altri nell’emporio. 

Seguono scene al cardiopalma, dove tutti si danno da fare per richiamare e poi portare in salvo la bambina che saltella per strada sui suoi trampoli attirando i mostri; Ronda resta incastrata nel filo spinato e viene salvata da Val per un pelo; un vermone, attratto dalle vibrazioni del congelatore dell’emporio, sbuca dal pavimento e divora Chang in un solo boccone scomparendo nelle viscere della terra (evidente la citazione de Lo squalo di Spielberg, riproposta anche nel cartellone). 

Val, Earl e Miguel riescono a raggiungere il tetto dell’emporio, Rhonda si arrampica sul serbatoio pubblico dell’acqua, gli altri si rifugiano sui tetti delle proprie case; i Gummer dal terrazzo del loro bunker riescono a far fuori uno dei viscidi mostri. 

Ma gli altri due si rivelano più astuti di quanto possano sembrare e cominciano a scuotere le case dalle fondamenta per far cadere le loro prede: Nestor, quello della già traballante roulotte, è il primo a sparire. 

L’unica speranza di salvezza sono le montagne vicine che, essendo di roccia compatta, non possono essere perforate dai lombriconi mangiaterra: Miguel distrae i mostri avviando un trattorino vuoto verso il deserto per consentire a Val di recuperare un pesantissimo bulldozer: tutti vi montano sopra e si dirigono verso le montagne. Ma i vermoni si sono fatti scaltri: scavando in profondità preparano una trappola dentro la quale il bulldozer sprofonda. I fuggitivi riescono comunque a raggiungere una roccia che affiora nella pianura arida e si mettono in salvo, come su un’isola. Assediati. La salvezza resta sempre la montagna: ma è necessario distrarre i mostri che si aggirano attorno alla roccia come pescecani attorno a una barca. Earl lancia verso la spianata dei candelotti di dinamite: un vermone abbocca e viene dilaniato dall’esplosione. Parte il secondo fascio di candelotti: il secondo mostro ha capito l’inganno e non ci casca. Val ha un’idea geniale: si mette a correre con Earl e Rhonda verso un burrone poco distante; il gigante li insegue scavando sotto terra alla velocità di un siluro. I tre arrivano sull’orlo del burrone e si arrestano di colpo; il vermone non fa in tempo a fermarsi, perfora la parete scoscesa del canyon e precipita nel vuoto sfracellandosi in un lago di sangue melmoso e poltiglia organica  (“Sai volare testa di cazzo?”).

L’IDEA

La straordinaria idea del film fu partorita da Steven Seth Wilson e Brent Maddock (sceneggiatori di un altro famosissimo film, Corto circuito, del 1986) che lavoravano per la Marina come documentaristi: un giorno si trovarono per caso su un masso di pietra in mezzo a una zona desertica e immaginarono di trovarsi su un’isola, come Robinson, impossibilitati ad abbandonarla perché circondata da “Squali terrestri”. 

Un amico, documentarista come loro - ma per il National Geographic - li aiutò a immaginare le caratteristiche zoologiche di questi esseri.

UMORISMO

Una delle cose che colpisce di più nella visione di questo film è l’umorismo che attraversa tutte le scene. Il mix di tensione e lazzo è straordinariamente riuscito e credibile. Umorismo ovviamente raro nei film che in qualche modo intendono collocarsi nel filone horror: si sa che lo stereotipo del genere vuole spesso il bianco e nero di tipo espressionista, attori cupi e truci, assassini che tornano in vita, mutanti, possessioni diaboliche; e agguati, mutilazioni, sangue; urla, occhi sbarrati, cannibalismo.

Qui niente di tutto ciò: il paesaggio è assolato e gli assediati sono dei comuni abitanti di un centro rurale dell’America: non hanno segreti oscuri o vizi inconfessabili, e nemmeno memorie traumatiche; non ci sono rivalità (solo battibecchi e cazzeggi scanzonati); sono tutti simpatici. Si conoscono fra di loro come tutti i vicini di casa, e come tutti i compaesani sanno tutto di tutti, si prendono in giro, sono solidali. Davanti all’incubo non si abbattono, non si disperano, ma cercano i modi più praticabili per uscirne, usando buon senso, creatività, spirito d’iniziativa e concretezza. 

E questo è un ulteriore, potente, elemento di inquietudine.

Cosa c’è di più terribile del pericolo inatteso e dell’insidia che si annida nella quotidianità? 

 

 

 

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