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N-CAPACE

Regia di Eleonora Danco vedi scheda film

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La recensione su N-CAPACE

di barabbovich
10 stelle

"Me vojo sarva'!" sembra volerci urlare Eleonora Danco, regista teatrale, performer, iconoclasta per vocazione, qui al suo primo film da regista (ma come attrice, al cinema, la sia era già vista in Il nodo alla cravatta, Italia village, La cena, Ecco fatto, La balia, Controvento, La stanza del figlio e Romanzo criminale). Salvarsi dalla mediocrità di un mondo di adulti che la annoiano. Lei, dichiaratamente anima in pena come il suo personaggio, preferisce gli n-capaci, quelli fuori dal processo produttivo: adolescenti e vecchi, tutti pochissimo scolarizzati, proletari. E allora se li va a pescare tra Terracina, dove è nata, e Roma, dove vive, da San Lorenzo a Tor Bella Monaca. E li incalza con domande sul sesso, la morte, la fede, il lavoro, la mamma ("chiama mamma come quando eri piccolo", ingiunge al padre vedovo che le risponde con la pazienza di Giobbe e alle novantenni che intervista, provoca, interroga), pone quesiti obliqui e imprevedibili ("ma i giovani stempiati soffrono?"), gioca con i suoi personaggi senza mai prenderli in giro, senza giudicarli, svela i meccanismi di ribalta e retroscena dell'azione filmica, inserisce nel montaggio le parti sbagliate, i richiami della regia. Intervallando tutto questo con dei quadri viventi surrealisti - al centro dei quali spesso si trova lei, in pigiama, su un letto fotografato in scorci metropolitani diurni - o la si vede aggirarsi scalza e vestita come una dea greca per picconare letteralmente le brutture di una Roma che non c'era quando lei era adolescente - quella del muro dell'Ara Pacis di Meier o il nuovo mercato di Testaccio -, si rotola per terra, urla, nell'indifferenza generale del mondo degli adulti. Si spoglia, persino. Crea squarci di riflessioni autobiografiche sempre in campo lunghissimo ("ho assaggiato lo zucchero della morte", parlando della perdita della madre), sguinzagliando, come a teatro, la sua vocazione ipercinetica, estrema  e sempre controcorrente, ironica e dolorosa al tempo stesso. Proprio come questo suo film, una ventata d'aria freschissima, cinema inclassificabile, sperimentale, lieve eppure profondo, sempre spiazzante, "fisico", che certo deve qualcosa al Moretti di Io sono un autarchico ed Ecce bombo (lei nella vasca completamente ricoperta da biscotti ricorda il regista romano in Bianca con il barattolone gigante di Nutella), a Buñuel, Huillet e Straub, Ciprì e Maresco, ai Comizi d'amore di Pasolini. Un cinema coraggiosissimo e al tempo stesso esilarante, N-arcisista e vitalissimo. Grazie, Eleonora, per averci salvati.

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