La recensione su Dove eravamo rimasti

Mi dispiace essere brutale, ma questo film è davvero bruttino. Anzi brutto. Sicuramente non riuscito. Uno di quei film che le signore in età (quelle che non stanno mai zitte al cinema) commentano all'uscita dalla sala: "carino eh?". Prima cosa che duole dire è che forse è il punto più basso finora raggiunto da un Maestro come Jonathan Demme, che si cimenta in una regìa veramente scarsa. Preferisco poi sorvolare sulla povera sceneggiatura imbastita dalla sopravvalutatissima Diablo Cody ("Juno" era scritto in modo geniale, e chi lo nega, ma dopo la signora (wow tanto cool!) si è seduta per non rialzarsi più (e non mi sento nemmeno di consigliarle di riprendere la sua precedente "carriera" di spogliarellista dato che ormai la immagino un po' "cadente" sotto quel punto di vista). Non c'è un personaggio che sia centrato, tutti inverosimili e scritti coi piedi. Dialoghi sciocchi e banali. Qualcuno che mi conosce si stupirà che un estimatore di rock'n'roll disprezzi un film così pieno di rock....ma bisogna vedere, perchè se il rock'n'roll è questo terribile mix di "Springsteen sbiancato" e di rock sudista, beh allora anche no, grazie. Poi una cosa: Meryl Streep "cassiera della coop" che -la sera- indossa completi in pelle (wow) e mima le rockstar è credibile come il sottoscritto che interpreta Giulio Cesare (o Napoleone). Meryl qua è un fiume in piena di super mega gigioneria, insopportabile poi quando non sa che dire o fare e allarga le braccia nella tipica postura da americana che dice "Ookay, ooooookay, oooooooooookay". Che poi lei (in questo ruolo) canta il boss e gli Stones ma è fieramente di destra ed orgogliosa di aver votato quel fesso di George W.Bush (vabbè ma qui ci può stare perchè una certa America rockettara è da sempre reazionaria, una "certa" America profonda, ignorante e che vede con simpatia quegli imbecilli del TEA Party). Ma lasciando stare l'ideologia che qui è solo accennata, è proprio la musica che urta. Un rockaccione grezzo e dozzinale in cui non si respira nemmeno un grammo di Blues. Allora. C'è una coppia, anzi ex coppia separata, i due gigioni Meryl Streep e Kevin Kline (entrambi assai poco credibili come ruoli scritti) che si ritrovano insieme per dedicare attenzione al percorso accidentato di una figlia problematica (personaggio scritto da Diablo Cody presumo utlizzando il piede sinistro, tanto è irritante nella sua sintesi di tutti i più repellenti stereotipi sulle "ragazze interrotte"). Ad interpretarla una clamorosa (brutta come la fame e terribile nei dialoghi banalissimi cui partecipa) Mamie Gummer che -pensa te!- è REALMENTE figlia di Meryl Streep. Anyway, spero di non rivederla mai più. Ma la ciliegina sulla torta è il celebre chitarrista Rick Springfield, che qui riveste il ruolo -appunto- del chitarrista dei Flash, ipotetica band in cui canta la suddetta cassiera della coop in tenuta da Joan Jett. Lui non è che s'impegni granchè, ogni tanto spara qualche assolo da festa della birra di Reggio Emilia, ma il problema è che è totalmente inespressivo, con due occhi che pare un eroinomane appena uscito da una seduta al SERT. Il film procede così per accumulo di luoghi comuni, fino ad un finale lungo come un concerto (infatti E' un concerto) che ho trovato disturbante per il "buonismo rock" che lo pervade e per il suddetto rockaccione che non si può sentire. Se fossi in Springsteen farei togliere quel paio di citazioni del suo nome che vengono evocate dalla Streep.
Sulla Streep, in ogni caso, non infierisco perchè resta una super attrice; voglio dire, sappiamo che in qualche film eccede in gigioneria, pazienza. Quel che mi mette malinconia è piuttosto prendere atto di questa triste deriva di un mito come Jonathan Demme.