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La tragedia di un uomo ridicolo

Regia di Bernardo Bertolucci vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La tragedia di un uomo ridicolo

di Baliverna
4 stelle

Una vicenda torbida e confusa, tra terrorismo e preti operai, in un film che non mi ha detto nulla.

*** CONTIENE ANTICIPAZIONI *** Che dire, al solito Bertolucci mi lascia interdetto (di lui mi piace solo "La commare secca"). Secondo me il film è irrimediabilmente irrisolto, ermetico, confuso. L'unico elemento veramente positivo che abbia è Ugo Tognazzi, il quale è proprio bravo, nonostante il contesto complessivamente negativo. Posso dir bene anche dell'accuratezza formale, della fotografia, dei bei panorami, e dell'ambientazione assolutamente quotidiana. Tuttavia, appunto, secondo me non ci siamo.

Un difetto sicuro sono i personaggi e i rapporti tra loro: di nessuno ho ricevuto un ritratto, un insieme di caratteristiche morali, psicologiche, politiche, e persino sentimentali, per quanto contradditorie. La ragazza ama il fidanzato rapito, o ha solo scopi politici? Boh. Marito e moglie si amano, oppure non si sopportano? Boh. Che scopi hanno la ragazza e il prete (o come cavolo lo volete chiamare)? Cercano di finanziare il caseificio in crisi? Rubano per passare i soldi ai compagni che preparano la rivoluzione? Sono sinceri o doppiogiochisti? E poi, in generale, a che gioco giocano? Dicono e non dicono, mentono, si contraddicono, danno l'aiutino ma non spiegazioni, e alla fine fanno pure la figura dei buoni. Questi due personaggi mi sembrano proprio pasticciati. Il maresciallo dei carabinieri che interviene sul luogo del rapimento e poi ha qualche contatto con la famiglia è invece poco più di un pagliaccio, o al più un personaggio uscito da qualche strano sogno. Insomma, arrivati alla fine, sappiamo dove siamo giunti ma non abbiamo la minima idea per dove siamo passati.

Per ultimo, qual è lo sguardo di Bertolucci sulla situazione politica di allora, tra terrorismo e attivismo non violento? Sappiamo tutti da quale parte stia il regista, ma francamente non ho capito se questa sia un'opera critica sulla degenerazione violenta della lotta politica, oppure se faccia l'occhiolino a certe attività come i sequestri e persino il terrorismo stesso. Il personaggio di Tognazzi rimpiange di non essere in un kolkoz (le fattorie sovietiche) e sbraita che, in fin dei conti, forse hanno ragione "loro"; io, invece, mi chiedo se sia troppo chiedere a Bertolucci un film di qualsivoglia orientamento politico, ma che "dica" qualcosa, e nel quale possa raccapezzarmici.

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