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Marguerite

Regia di Xavier Giannoli vedi scheda film

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La recensione su Marguerite

di alan smithee
6 stelle

72° FESTIVAL DI VENEZIA - CONCORSO

L’impegno e la costanza sono attitudini spesso indispensabili per raggiungere la perfezione o l’obiettivo o la perfezione che ci si è prefissati di conquistare: questa è una regola universale, valida in ogni campo e disciplina: il dato certo, la componente tecnica indispensabile e controllabile, monitorabile, che deve essere unita e compensata al lato più personale e meno condizionabile: il talento. Mancando quest’ultimo, si rende vano anche il primo aspetto.

Nel caso della ricca e volitiva Marguerite, nobildonna dai molteplici interessi che la vedono particolarmente impegnata nel campo musicale a sostenere ed organizzare feste ed esibizioni elargendo fondi con generosità e dovizia di mezzi, il talento manca del tutto: appassionata di canto, la donna si esercita ore ed ore affrontando anche le opere classiche più complesse e difficili, con risultati devastanti. Ma né il marito, né tantomeno altri conoscenti, riescono a trovare il coraggio di rivelare alla donna - che evidentemente non riesce a rendersi conto dell’inadeguatezza delle proprie corde vocali – che il canto non rientra tra le attività per cui prodigarsi in prima persona.

Un articolo tendenzioso di un irrispettoso giovane giornalista, che mette ironicamente in luce qualità positive della donna nell’ambito dell’ultima festa da lei organizzata, induce l’ignara a organizzare per sé un vero e proprio concerto teatrale. Circostanza che manda in panico marito e stretti conoscenti, disposti per questo a chiedere l’intervento di un ottimo maestro di canto con problemi finanziari, affinché egli possa compiere il miracolo di renderla intonata, o trovi il modo di dissuaderla per sempre dal suo incauto progetto canoro.

Marguerite, di Xavier Giannoli, punta sulla tragicomicità iniziale della situazione per fornirci il ritratto femminile piuttosto riuscito, che col procedere degli eventi diventa sempre più serio e lascia spazio a riflessioni più profonde e mature inerenti la consapevolezza dei propri limiti e il valore della propria determinazione.

Il film deve all’interpretazione sublime di Catherine Frot gran parte dei suoi pregi e della sua potenzialità; la vicenda si dispiega in modo sin troppo prolisso e il cambiamento di registro sul lato drammatico, peraltro necessario,  non giova molto alla fluidità del racconto, che perde potenza man mano che l’ilarità facile dell’imbarazzo iniziale lascia spazio, e non potrebbe farne a meno, al coté melò, più fragile e ripetitivo.

Catherine Frot è tuttavia una Marguerite sublime almeno come lo era la stessa attrice pochi anni fa nel ruolo della “cuoca del Presidente”, e questa sua prova, che potrebbe valerle verosimilmente l’ambita Coppa Volpi, potrebbe diventare il culmine ed il simbolo della sua carriera cinematografica.

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