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The Lesson - Scuola di vita

Regia di Kristina Grozeva, Petar Valchanov vedi scheda film

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La recensione su The Lesson - Scuola di vita

di amandagriss
8 stelle

 

“Il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me”

 

Nadia è distillato rigore morale, ma è anche un essere umano e come tale imperfetto, fallibile, naturalmente fragile, sebbene nasconda i suoi punti deboli sotto un’insondabile corazza di donna forte, emancipata, coraggiosa, tenace.

Avrebbe voluto fare l’avvocato ma la vita (le sue circostanze che possiamo intuire) l’ha portata a ripiegare sull’insegnamento della lingua inglese in un piccolo, arretrato villaggio della Bulgaria.

Ha una figlia, un marito inetto e un mutuo da pagare.

Ciò che le preme maggiormente è poter inculcare nei suoi giovani malleabili allievi il senso della moralità, per farlo divenire il loro faro nella tempesta della vita, una ferma guida dello spirito in grado di orientarli nelle insanabili, irreparabili tragedie che il mondo, soprattutto quando è a pezzi, si porta dietro.

Il suo obiettivo è salvare le loro anime, come una sorta di suora laica, preservarne la dignità nonostante il semplice vivere la vita spinga spesso a piegarsi a squallidi compromessi.

Ma stavolta sarà lei a dover mettere in pratica i suoi stessi insegnamenti, per districarsi da una situazione-trappola in cui è piombata suo malgrado.

Si renderà conto che la vita è più complessa e sfaccettata di quello che disegnano i suoi ordinati pensieri, e non basta certo il rispetto di imperativi categorici a giudicare un essere umano una brava e onesta persona.     

 

Spesso il rigore morale rende ottusi e ciechi di fronte alle multiformi, più che altro sgradevoli incognite dell’esistenza.

La vita insegna che niente di ciò che le appartiene possiede contorni netti, che niente è così ben definito come i brillanti discorsi teorici sembrano sostenere con convinzione.

È fatta di labilissimi confini tra ciò che bene e ciò che è male, tra ciò che è giusto e ciò che non lo è.

Rimanere fermi sulle proprie rigide posizioni significa credere fermamente che stare al mondo somigli a starsene tutto il tempo lungo i bordi di una piscina senza mai tuffarcisi dentro.

Pochi privilegiati possono permettersi il lusso di sentenziare, di dispensare sacrosanti insegnamenti dall’alto delle loro intoccabili posizioni rimanendosene candidamente lindi.

Ma è quando si è costretti a scendere dal piedistallo, quando bisogna affrontare la strada, la vita reale giorno per giorno, che la prospettiva cambia inevitabilmente.

E i colori decisi si diradano, lasciano il posto alle sfumature.

Il bianco ed il nero perdono di consistenza, diluendosi nel grigio.

 

Finendo in un baratro senza speranza -perché la vita ha in sé la capacità di mettere sotto scacco chiunque, fregandosene (anche) dei privilegi, (di certo) delle precauzioni, della rettitudine- il singolo individuo, proprio in relazione al grado di moralità che ne misura e ne cementifica la personalità, come guidato da una forza superiore a cui non può sottrarsi, prenderà le dovute decisioni che innescheranno determinati comportamenti.

Cattive azioni, per mezzo delle quali non ne uscirà pulito né indenne, interpretate come la soluzione meno peggiore delle poche altre del mazzo a sua disposizione.

 

La mdp pedina senza sosta la nostra protagonista, si sofferma sui suoi sguardi, più eloquenti di tante inutili parole, ne scorge e ne cattura impercettibili espressioni che si fanno dettagliata mappa emozionale del suo disperato percorso tutto in salita verso qualcosa che possa minimamente assomigliare alla salvezza.

Pur in una posizione ravvicinata, mantiene una tangibile distanza, così da permetterci di osservare con occhio chirurgico le vicissitudini a cui va incontro, studiarne le mosse, farci ragionare sulle sue scelte sofferte.

 

Nadia si trova in un vicolo cieco eppure intravede ugualmente una via d'uscita, quella apparentemente più estrema e disastrosa ma l’unica davvero fattibile, perché è la sola a conservare un barlume di dignità, la sola a non dimenticare per strada la morale, la sola in grado di decretare, comunque, una giustizia.

Di scoperchiare i vasi, ripulire il marcio. 

 

Vincitrice nonostante la sconfitta.

Nonostante le mani sporche,

nonostante l’aver tradito se stessa                                                                                                        

e grazie agli adamantini princìpi sui quali ha fondato la propria esistenza,

ai quali si è affidata ricevendo quella luce necessaria per percorrere, senza smarrirsi del tutto, il suo solitario, nerissimo cammino.

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