Regia di Rob Cohen vedi scheda film
Sesso e psicosi, stalking e sentimento. Materia intramontabile in cronaca e di moda al cinema tra la fine degli 80 e l’inizio dei 90, con le prurigini soft e il moralismo di massa di film come Attrazione fatale e Rivelazioni (mentre oggi il cinema sul tema rinuncia alle sfumature ambigue d’erotismo e preferisce la denuncia dei molestatori). Di questo è fatto Il ragazzo della porta accanto, produzione Blumhouse (con budget inferiore, quindi, ai 5 milioni di dollari) alla voce thriller erotico (un genere che oggi - come certifica The Canyons - non può esistere se non come caricatura grottesca, ruin porn di luoghi e umanità). Jennifer Lopez, bella come non mai e con caché decurtato, è un’insegnante di letteratura con figlio colpito da bullismo e marito businessman fedifrago. Ryan Guzman (habitué di Step Up) è uno stereotipo ambulante di America plastificata, orfano con eccesso di zelo per il mondo, zio (identico al Johnny Knoxville mascherato di Jackass presenta: Nonno cattivo) e Omero compresi. Lei s’abbandona a quello che Vincent Cassel nel nuovo film di Jean-François Richet chiama Un moment d’égarement (ma nemmeno la scena di sesso tra milf e toy boy, cari birichini, vale un minuto della vostra vita) e poi se ne pente, lui si rivela un cliché di maniaco persecutore oscuro-passato-munito. Crescendo nel ridicolo, dialoghi incommentabili, finale violento che ci ricorda chi è che produce. Non andate a vederlo, fatelo in pace.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta