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Thema

Regia di Gleb Panfilov vedi scheda film

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Utente rimosso (SillyWalter)

Utente rimosso (SillyWalter)

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La recensione su Thema

di Utente rimosso (SillyWalter)
7 stelle

 

Sasha: "ROTOLÒ FINO A LUI LA MORTE PISELLINA...questa è per uno scolaretto che giocava a sparare piselli da una cannuccia, un pisello gli è andato di traverso ed è morto." 

Kim: "La morte pisellina... È piacevole."

Sasha: "Ma cosa dice? È atroce. È la morte."

Kim: "Sì, ma è pisellina."

 

        Completato nel 1979, THEMA fu distribuito solo nel 1986 per problemi di censura. Nel 1987 vinse l'Orso d'Oro al Festival di Berlino. 

 

        Gli anni sono quelli della Russia di Brezhnev. Kim Aleksjejevic Yetsienin, commediografo moscovita affermato ma invischiato in una complicata crisi artistica, si reca in provincia insieme all'amico Igor Ivanovic, simpatico giallista di successo, e alla giovane allieva/protetta/ninfetta di turno. Il viaggio di piacere è anche un tentativo di cambiare aria per ritrovare motivazioni, sicurezza nelle proprie capacità e forse un "tema" significativo nel rapporto con la natura e le radici della Russia più autentica. A casa dell'anziana amica che li ospita, un'insegnante che venera l'opera del commediografo in maniera imbarazzante, conoscono Sasha, bella e colta guida turistica dagli occhi sconfinatamente tristi. Sasha amava molto i primi lavori di Kim Aleksjejevic ma critica con noncurante sincerità il suo attuale valore (arrivando a paragonarlo a Cechov perché sono entrambi morti). Ad un tempo intrigato, sfidato e punto sul vivo, Kim Aleksjejevic si dice contento dell'onestà e dell'intransigenza di Sasha e inizia a corteggiarla con circospezione, fingendo anche interesse per un poeta locale a lei caro, vissuto e morto senza alcun riconoscimento. In un cimitero nascosto nella neve Sasha porta Kim alla ricerca delle lapidi che recitano i versi dell'ignoto artista (…"la morte pisellina") e il commediografo, folgorato, ringrazia la sua nuova musa per avergli regalato il tema che stava cercando: dedicherà il prossimo lavoro al suo "povero genio". Sasha inizialmente ne è colpita, però poi subito torna fredda e si dilegua insieme al becchino del cimitero, il che spinge Kim Aleksjejevic a spiarla per approfondire i motivi della sua tristezza. Scopre così che Sasha sta vivendo proprio in quei giorni il distacco dall'uomo che ama, uno scrittore dissidente costretto dal governo a un silenzio impotente e rabbioso e quindi deciso a lasciare definitivamente la Russia. 

 

 

        "...Paese mio modesto, pulito, caro / quanta gioia, quanti sentimenti teneri e profondi / i tuoi spazi sconfinati battuti dalla tormenta hanno portato al mio cuore / quanta bontà mi hai regalato / fino all'orlo tu mi hai colmato del desiderio di compiere opere buone per il mio popolo etc. etc....qualcosa di questo genere... A questo punto portano al principe il suo cavallo e lui se ne va...come arrivo lo scrivo senz'altro..."

 

        Mentre il gruppo s'inoltra in macchina nella sterminata provincia sepolta nella neve subito sentiamo la voce dei pensieri di Kim Aleksjejevic che cerca il "tema", fa tentativi triti, li analizza, si dice soddisfatto, si propone di trascriverli appena arrivato e di mettersi a lavorare di buona lena per poi, un attimo dopo, disprezzarsi e giurare di non scrivere più, ritenendosi finito. 

 

        "...Dio mio, come sono stanco...sono un drammaturgo famoso corteggiato da spettatori e dirigenti ma la felicità non so neanche cosa sia...nevrotico, con i calcoli ai reni, la mia vita è passata senza costrutto... Perché continuo a vivere? Perché scrivo commedie? Ma adesso basta, non scriverò più una riga, morirò di fame piuttosto ma non scriverò più..."

 

        La voce-off che diffonde umori, commenti e tentativi artistici del protagonista è sicuramente lo strumento chiave che dà significato al film e ne fa un quadro mutevole e stratificato (anche se, sulle prime, quel presentarsi telepaticamente al pubblico "sono un drammaturgo..." sa di segnaletica retorica un po' goffa e ingombrante...).

        Grazie al flusso di coscienza vediamo comporsi in un corpo credibile e coerente le molte contraddizioni e l'intima lotta con la propria identità e la propria arte di uno scrittore un tempo di talento finito a pascolare nei prati del regime quasi senza accorgersene, più per un lento e progressivo adattamento a canoni accettati che per un'improvvisa conversione di comodo. Kim Aleksjejevic non assomiglia al tipico artista opportunista supino e ancillare al potere. È un creatore orgoglioso, di temperamento, di grande vivacità intellettuale e vis polemica (rese splendidamente da una vigorosa interpretazione di Michail Aleksandrovic Ul'janov) che però, per quieto vivere (e forse per le lusinghe del successo), ha pensato di poter tagliar via "la questione politica" dalla propria arte. L'unica volta che lo sentiamo parlare di politica è quando al telefono con l'ex moglie si lamenta di quel cialtrone del figlio, per cui Kim dice di essersi umiliato con un pezzo grosso del partito perché venisse accettato nel dato istituto, salvo poi apprendere che il rampollo ha pensato bene di ritirarsi per darsi alla musica leggera. Per il resto Kim sembra semplicemente preoccuparsi solo del suo isolato percorso nell'arte, cercando "il tema", o giri di parole piovuti dal cielo, o una musa, in un alternarsi schizofrenico di disprezzo autolesionista e nobile contegno da impolverato artista d'altri tempi (come dice l'amico giallista Igor a un buffo poliziotto intenzionato a multarlo: "Abbia un occhio di riguardo. È un drammaturgo famoso, uno che da vivo è già un classico"). 

 

 

        In questa provincia profonda quasi completamente cancellata dalla neve si trovano riunite, affiancate ed enfatizzate sia dal confronto che dallo sfondo diverse tipologie di artisti e intellettuali prodotti dal regime. Kim è l'artista disimpegnato che però non può permettersi il disimpegno, pena l'inaridimento, la perdita di contatto con gli altri e con la propria anima. Molto diversa è la situazione dell'amico giallista Igor, che è completamente a fuoco, disimpegnato e leggero per natura (e con nessun apparente rovello artistico). 

 

        "...Invidio Igor, sprizza energia ed allegria da tutti i pori... Spara giù direttamente in bella copia, il maledetto..."

 

        Poi ci sono i due intellettuali idealisti innamorati ma prostrati dalla situazione, a loro modo anch'essi inariditi, consumati dalla rabbia, dalla mancanza di prospettive e dalle difficoltà. Kim Aleksjejevic finirà per assistere al loro addio da voyeur, nascosto in casa di Sasha, dov'è andato perché la crede segretamente innamorata di lui. Qui si ritrova a dover fare i conti con la propria “marginalità” rispetto al centro della vita, rispetto all'oggetto dell'amore e della stima di Sasha, cose di cui la sua autostima sente un pressante bisogno. È ormai uno scrittore vergognosamente distante dagli altri esseri umani, incapace di capire tanto i propri sentimenti quanto le manifestazioni dei sentimenti di Sasha, chiuso nelle storie illusorie e infiorettate che si racconta. 

 

        "... Eppure c'è stato un tempo in cui la mia vita è iniziata come uno splendido romanzo..." 

 

       "...Non sono certo un rovo fiammeggiante.." 

 

 

        È interessante, direi, il discorso sull'arte "condizionata" così come emerge non solo dagli sforzi compositivi di Kim Aleksjejevic, ma anche da quelli del "povero genio" adottato da Sasha ("...la morte pisellina..."). Tutti e due sono spesso sull'orlo del ridicolo, alternando cliché e banalità a "compensazioni" che nel caso di Kim vanno nella direzione degli artifici retorici preziosi con cui l'artista insicuro copre la mancanza d'ispirazione e, nel caso del "povero genio", ricorrono invece a una semplicità in cui è difficile distinguere il naif dall'infantile. Pur senza calcare la mano all'interpretazione, Panfilov sembra volere far toccare i due estremi creativi in maniera satirica. Entrambi sono come gusci vuoti sviluppatisi nell'isolamento di un ideale artistico lontano dalla vita reale e da spinosi motivi politici. Sasha, anima sensibile ritirata in provincia, ha fatto del suo povero genio un simbolo di purezza e semplicità non compromesse col potere che trova infine giustizia in una riscoperta postuma. Ma è un simbolo sopravvalutato forse quanto l'arte di regime. 

        Tutti gli intelletti che si muovono in questo quadro sembrano in realtà girare a vuoto sprecando, a volte con esiti comici, capacità e passione artistica (ad eccezione forse dello scrittore in fuga), tutti  ormai  incapaci di percepire e capire la bellezza. Sono i figli di un paese addormentato sotto metri di neve e censura governativa, il triste risultato di un'enorme patrimonio culturale stagnante perché senza sbocchi o nuovi affluenti, destinato a continuare a riciclare drammi storici e ad esagerare i meriti di dubbie figure artistiche ripescate dall'oscurità. Le colpe, però, sembrano essere altrove, più su. Per nessuno di questi personaggi si avverte vero disprezzo nel modo di tratteggiarli, neanche per Kim Aleksjejevic il quale, per quanto nevrotico, pomposo e spesso finto nelle vesti di autore che ha cucite addosso, compie però anche su se stesso un lavoro impietoso di autoflagellazione che ci muove a compassione per la sua lotta intestina, per l'incapacità di valutarsi equamente e di ritrovare un rapporto privilegiato con il cuore della sua arte e della sua vita in toto.

        Forse più "importante" che realmente "compiuto", THEMA adotta un piacevole tono agrodolce che dà voce sia alla satira che al dramma, ma ha la pecca di immergerci in un viaggio intimo dentro un personaggio interessante per poi tenerlo programmaticamente lontano dal centro del dramma e dal fuoco delle passioni. Se ne giova "il messaggio", ma tutto sommato il film lascia l'impressione di essere un po' monco, e di aver escluso gli episodi più vitali e significativi del percorso di un personaggio dalle grandi potenzialità. 

 

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