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The Dead. Gente di Dublino

Regia di John Huston vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su The Dead. Gente di Dublino

di vermeverde
9 stelle

Questo (del 1987) è l’ultimo film girato da John Huston, consapevole che fosse il suo testamento artistico, al quale hanno partecipato anche la figlia Anjelica, quale protagonista, e il figlio Tony quale sceneggiatore: considerando la carriera e la statura artistica del padre, è comunque plausibile un suo contributo non accreditato allo script. L’intreccio è la versione cinematografica del bellissimo racconto di James Joyce “I morti” facente parte della raccolta “Gente di Dublino” e la sceneggiatura è sostanzialmente molto fedele al testo originale.

La trama si svolge a Dublino la sera dell’Epifania del 1904 ed è incentrata su un ricevimento organizzato dalle anziane sorelle Morkan insegnanti di musica, miss Kate (Helen Carroll) e miss Julia (Cathleen Delany), al quale partecipano parenti, amici ed allieve, fra i quali il nipote Gabriel Cornoy (Donal McCann) e la moglie Gretta (Anjelica Huston). Il momento cruciale è un episodio di “memoria involontaria” (quasi proustiano) che si ha quando la protagonista ascolta una canzone che le riporta alla mente il ricordo di un tragico amore giovanile facendola commuovere e la cui successiva spiegazione al marito ribaltano in lui la concezione che aveva del rapporto con la moglie disilludendolo e portandolo alla mesta meditazione sulla fine cui tutti siamo destinati.

Il breve e apparentemente semplice racconto, è suscettibile di più livelli di lettura, e quindi anche il film: il più evidente è la narrazione di un evento mondano che permette la descrizione dell’ambiente sociale e dello stile di vita della media borghesia irlandese all’inizio del Novecento; su un altro livello si può leggere un critica implicita all’immobilismo politico della borghesia, acquiescente alla dominazione dell’Inghilterra senza rendersene conto perché intenta a perpetuare le proprie ritualità sociali, viste come “memoria” che ne condiziona i giudizi ed i comportamenti; un ulteriore livello è il senso della morte che, sotterraneo, sottende il racconto ed emerge netto nel finale dando la sua impronta alla vicenda narrata.

Il problema da risolvere per rendere cinematograficamente il testo di Joyce sta nel fatto che qui non c’è una vera azione che scaturisca dal susseguirsi di eventi rimarchevoli che ne movimentino lo svolgimento ma lo svolgersi della vicenda è incentrata sulle dinamiche emotive e psicologiche dei diversi personaggi, tutti ben caratterizzati. John Huston ha superato brillantemente le difficoltà con una raffinata tecnica di regia, seguendo con fluidi movimenti di macchina i diversi personaggi evidenziandone le espressioni, senza indugiare a preziosismi formali, ed imprimendo un buon ritmo, funzionale a non far calare l’interesse dello spettatore. Fondamentali per la riuscita del film sono stati, inoltre, l’ottima scelta degli interpreti, tutti attori di teatro perfettamente in parte e convincenti e l’accurata ricostruzione ambientale ben fotografata.

Del film mi è rimasta impressa la sequenza finale in cui lo stato d’animo del protagonista Gabriel è perfettamente evocato dalla nevicata notturna su un monotono paesaggio nel quale spiccano le tombe di un cimitero. In conclusione, un grande film.

 

 

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