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American Sniper

Regia di Clint Eastwood vedi scheda film

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La recensione su American Sniper

di giansnow89
6 stelle

Spettacolare nel lato bellico, imbarazzante in tutto il resto.

La maggior parte delle voci di dissenso su American Sniper si è concentrata sull’aspetto propagandistico e guerrafondaio dell’opera. Ma se leggiamo la storia del cinema americano in maniera diacronica, troveremo che la costante dominante, assai più della celebrazione della potenza bellica, è l’esaltazione della famiglia, o ancora meglio, dell’istituto dal matrimonio. Non si dà un’analisi di American Sniper senza questo presupposto ineliminabile. La leggenda Kyle, il luciferino Kyle, il cannibalesco Kyle, prima che essere un soldato, è un marito ideale e un amorevole padre, ed è solo l’ultimo anello di una lunghissima catena che attraversa tutta la storia del cinema americano, una catena oleosa su cui si è depositato nei decenni uno spesso strato di melassa. Sposatevi e abbiate figli! Lanthimos negli stessi anni ha fatto mirabile satira su questo genere di società in The Lobster. Io credo che le parti centrali del film di Eastwood, sulle quali dovrebbe vertere la critica, siano le imbarazzanti scene sul talamo matrimoniale, in cui vediamo quest’uomo, questo assassino legalizzato, attraversare tutti gli stadi dell’epopea umana (o ancora meglio, dell’uomo americano, il James Stewart de La vita è meravigliosa) nel suo realizzarsi: le aspirazioni, il sogno, lo sconforto, l’afasia, la reviviscenza, e infine il riscatto. Eastwood si sforza di ridurre l’irriducibile alla normalità, di ricondurlo ai topoi umani tipici del cinema americano, fallendo miseramente.

Chi ravvisa nel film un vieto tentativo di propaganda bellica, ha sbagliato punto di partenza. D’altronde, la guerra non è un pranzo di gala, parafrasando Mao (e non ce ne voglia il repubblicano Clint per la citazione). La guerra si fa con le armi, con i morti, con l’obbedienza cieca al dovere di soldato, con l’inesistenza di un codice morale. Non è qui che Eastwood sbaglia, perché rappresenta la guerra con il realismo dovuto. Se un bambino prova a far saltare per aria un carro armato, tu lo ammazzi. Allo stesso modo, tuttavia, la guerra non si fa con i santi, e con i padri di famiglia dalla faccia aperta, cuore tenero ricolmo d’angosce. E’ nello iato fra il dover essere (le scene di guerra) e il non poter essere (il soldato che torna a casa con le mani lorde di sangue e gioca alla Playstation con i figli con ineffabile noncuranza) che il film sprofonda. O forse è l’America.  

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