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American Sniper

Regia di Clint Eastwood vedi scheda film

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Enrique

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su American Sniper

di Enrique
6 stelle

Il cuore batte forte. Le gambe vorticano all’impazzata.

Era da tempo che non correvo così forte. Da quando non mi affrettavo più con le sneakers ai piedi per prendere il tram. O da quando non battevo più le piste di tartan con le chiodate.

Ma l’orologio parla chiaro. In ritardo di ben dieci minuti.

Fa lo stesso, oramai siamo arrivati. Il tempo di staccare i biglietti e di accomodarsi nei posti peggiori.

Fa lo stesso. Il film sembra continuare dal momento giusto.

Dal momento in cui Chris Kyle sceglie di arruolarsi; di sottoporsi ad un addestramento particolarmente duro (ma si è visto di meglio) per poter fare parte dei famigerati Navy SEALs. Periodo d’addestramento inframmezzato all’incontro (galeotto fu l’ennesimo pub di bulli & pupe) della mogliettina ideale, che detesta i Navy SEALs di dimensioni ridotte, ma non disdegna quelli più massicci abituati a cavalcare gli stalloni del Texas e non le giumente del sud (tze!) … amore a prima vista insomma.

E ancora batte forte il cuore per quella corsa forsennata. Il mio, quello di Chris che - chiamato, nel frattempo, al fronte all’indomani di un matrimonio frettoloso (pacchetto completo, baby!) e della tragedia dell’ 11-9 - si trova costretto a compiere una scelta difficile; una scelta dettata dalle sue regole d’ingaggio. Da quelle di ogni sporca guerra…

Ma intanto rosico come pochi per quei dieci minuti di film mancati. Mentre scorrono le immagini dei “selvaggi” che cadono uno ad uno. Dei “fratelli” feriti. Di quelli che non ce la fanno (anche psicologicamente). Degli echi della guerra che risuonano finanche a migliaia di km di distanza, fra le mura domestiche. Come degli echi di chi inizia a cedere; a dubitare (“Quand'è che la Gloria svanisce e diventa una crociata sbagliata?”). E poi ancora le chiamate intercontinentali impossibili. E il fronte, diventato caldissimo dal momento in cui Kyle decide di abbandonare la sua postazione più defilata per schierarsi in prima fila, esposto al fuoco nemico, ma a fianco dei suoi “fratelli”…

E ancora rimpianti (i miei). E a ancora guerra.

E quei fatidici dieci minuti di tempo! E poi il ritorno a casa, dalla moglie devota che non lo lascia perché il caro marito ha saputo scacciare i pensieri cattivi che turbano l’intimità di coppia ed è tornato apprensivo ed amorevole come un tempo; un marito ed un padre modello. Uno di cui un paese intero possa andare fiero. Così, mentre gli vengono tributati tutti gli onori da una paese intero listato a lutto il pensiero torna ancora a quei benedetti dieci minuti.

Quelli in cui si insegna che in Texas praticamente si nasce col fucile in mano, da non abbandonare mai. Si insegna che nel mondo ci sono tre razze di persone e solo una è quella giusta. E solo una può crescere nella famiglia Kyle. Quelli in cui si apprende l’importanza di una certa Bibbia e quelli in cui si insegna a diventare uomini in groppa a stalloni furibondi. Quelli in cui si apprende (in occasione di due attentati ad ambasciate americane in Africa) che nel mondo non mancano i fanatici che proprio non adorano gli U.S. Che non amano il suo popolo e non credono nei suoi specchiati valori. Quelli insomma, in cui si spezza l’incantesimo e si conosce di quale pasta sia fatto l’americano medio del sud (la pasta su cui Clint appone il suo sigillo smaccatamente politico).

Ecco, non avrei proprio potuto permettermi di lasciarmeli alle spalle, come un rimpianto, quei minuti così preziosi. Perché sono quelli che permettono di maturare un’opinione ulteriore e ben diversa rispetto a quella guerrafondaia indubbiamente promossa (ingenuo credere il contrario) dal vecchio Clint (quella - la sua - che nel trinomio di vecchio conio Dio-patria-famiglia trova la sua più “alta” forma espressiva). Solo una visione completa del suo film consente di andare alle radici della questione; di cogliere (“comprendere” è dire troppo) le cause che spingono tanti giovani americani ad uscire fuori dal loro recinto e ad arruolarsi per andare a difendere il proprio paese… in un altro paese! Eastwood espone (senza dare alcuna spiegazione) una storia esemplare… ma in senso letterale! Chi ha orecchi per intendere intende. Tutti gli altri o subiranno il fascino perverso del male (tanto da arrivare a tessere le lodi del film), o saranno sopraffatti dai conati di vomito (ed esprimeranno un giudizio troppo negativo). Poi (come sempre accade) non mancano le belle eccezioni (ma qui sta alla bravura dell’interprete)...

Una cosa è certa. Alla fine, potrò dire di non aver avuto rimpianti. Non li avrò come non li ha mai avuti Chris Kyle, cane pastore strenuamente preoccupato (nel film) di salvare più vite possibile (premendo un grilletto!). Lui che quando si fosse presentato davanti al creatore avrebbe saputo come giustificare ogni singola vita abbattuta, per salvarne chissà quante altre...

Sì, una cosa in comune io e Chris Kyle l’abbiamo. Una cosa soltanto però.

Non sarò degno d’encomio o del titolo di leggenda vivente o di eroe nazionale, ma me ne farò una ragione.

Grazie Clint per avermelo fatto capire.

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