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American Sniper

Regia di Clint Eastwood vedi scheda film

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GIMON 82

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La recensione su American Sniper

di GIMON 82
9 stelle

"Il mondo è diviso in pecore,lupi e cani da pastore.I primi pensano che nel mondo non esista il male e quindi vengono attaccati,i secondi sono il male e attaccano per primi,i terzi sono nati per difendere le pecore dai lupi....quindi nati per difendere quel che amano".........E' una frase "spartiacque" del neofilm di Eastwood.

"Classico polpettone" reazionario e guerrafondaio che fara' discutere,"America Sniper" è la storia vera di Chris Kyle arruolatosi per vocazione nei famigerati "Navy Seals" e diventato durante la guerra in Iraq il cecchino piu' letale della storia americana.

Come ribadito prima il classicismo di "American Sniper" risiede nella tematica "Dio,patria,famiglia" risaltante qui a piè pari,come nell'intera cinematografia dell'ottantaquattrenne Eastwood.

Riferimenti che qui appaiono esagitati nell'interpretazione di un Bradley Cooper in versione mascellone texano e  macho da rodeo,sfoggiante quella retrograda virilita' da giovane maschio yankee.

Pur abbondando negli stereotipi tipici del "parterre" Eastwoodiano,"American Sniper" parla del lancinante conflitto interiore che pervade i giovani soldati al fronte,tormenti che appaiono descritti nel rapporto di Kyle con la moglie Taya interpretata con la giusta sensibilita' da Sienna Miller.

 

Aspetti che possono apparire retorici e fuorvianti di fronte alla durezza del film,ma Eastwood restituisce a noi uno spicchio americano terribilmente veritiero,raccontato con stile fazioso e sfrontato, spostando l'asse registico in una guerra tra americani "civili" contro musulmani "selvaggi".

Sono temi che faranno molto discutere data l'attinenza "unpolitically correct" tratteggiata da Eastwood nel rapporto dei soldati con la popolazione iraqena.Ma "American Sniper" pur svolgendo il compito da film manicheista e molto "yankee" ha un aderenza impressionante al realismo crudo  e spietato nella facciata,non disposto certamente a scendere a compromessi con i gusti del pubblico.

Il coraggio del vecchio Clint è proprio quello di dire la sua,di non dimostrare piu' nulla se non urlare una verita' personale senza smentirla."Dio,patria e famiglia" sono tre parole presenti in ogni angolo d'inquadratura,che sia nella campagna texana o in una clinica ospedaliera oppure nelle polverose e disastrate citta' irakene Eastwood pone nelle gesta di Kyle la voce del verbo a stelle e strisce.

 

Innegabile è la presenza di una violenza selvaggia,"giustificata" da Kyle (ed Eastwood) in un senso di protezione verso la madrepatria, colpisce cosi' la struttura di personaggi come archetipi di una storia americana odierna,frutto della tragedia dell'11 settembre e di un quotidiano che da allora in poi non è stato piu' lo stesso.Kyle una volta in Irak diviene vera e propria "macchina da guerra",infallibile nel colpire donne e bambini come "bersagli",con un battesimo di fuoco "benedetto" dai commilitoni ma maledetto dallo stesso Kyle.

La regia di Eastwood in questo caso non indugia,non arretrando di un millimetro e mostrando l'orrore  della guerra,la sua  "utilita' " nel  difendere valori che per Clint sono sacri e democratici.Impressionanti appaiono le sequenze in cui Kyle mira verso un bambino,tornando coi flashback ad un infanzia tipicamente americana,servita da Eastwood secondo i canoni a lui cari del patriarca rigido e virile,delle corse da bovari di rodeo,per approdare infine al sacrosanto arruolamento nelle forze armate americane.

Siamo cosi' sbalzati ai tempi di "Gunny",al militarismo accentuato ed esaltato in pieno stile "Sgt Hartman" per poi ritrovarci nelle sofferenti lande iraqene a combattere l'Islam e i suoi sudditi.

La vita di Kyle è ripresa come quella di ogni soldato che si "rispetti",infallibile e duro sul campo quanto amorevole marito/padre,Eastwood quando affronta il "binario" famiglia sembra pero' scendere a patti con lo spettatore.Se la parte iniziale è pervasa di uno sguardo da cecchino "reazionario",la seconda sembra sfiorare il delicato tema dello stress post-traumatico di cui si ammalano i reduci.

Pur non dichiarandolo apertamente Eastwood mostra lo sguardo vitreo di Cooper sottomesso da tensione e alienazione,Kyle pur essendo a casa vive un eterno conflitto,come una guerra infinita che rimbomba nel cuore consigliandoli di proteggere i suoi compagni di reparto.Una lettura che restituisce uno scampolo di umanita' a personaggi che nonostante la durezza delle loro azioni rimangono divisi tra dovere e affetti da preservare.

"American Sniper" è un film nato per dividere,da vedere assolutamente con uno sguardo imparziale,nella sua spietatezza ci trasporta nel cuore di una nazione trafitta al cuore e (11 settembre) di un orgoglio patriottico che diviene reazionario e guerrafondaio.

 

Eastwood con "American Sniper" verte verso una rigidita' dei valori americani,chiarificando nelle gesta "eroiche" di Kyle il ruolo del suo paese verso il mondo.L'onesta' filmica risiede proprio nel costruire una storia vera senza scendere a compromessi e inutili ipocrisie,dando vita ad un film dall'incedere a tratti documentaristico,dove la telecamera scende giu' in strada o su una terrazza per accompagnare Kyle nel gioco di vite al massacro.

Ci appare cosi' l'immagine di un enorme campo di battaglia,dei fischi delle pallottole,di laceranti ferite, orrende mutilazioni e  cadaveri nella polvere,è la voce stessa della guerra che parla attraverso il fucile a "stelle e strisce" della leggenda Kyle,eroe per la nazione e  commilitoni,marito e padre solo a meta',tormentato  dai demoni interiori di ogni reduce,quelli che finiscono per ammazzarti in un poligono da tiro.......

 

 

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